La disciplina comunitaria si può suddividere in 3 fasi:

1) La prima fase è caratterizzata da una sorta di timore reverenziale degli organi comunitari nei confronti, se non degli operatori, quantomeno delle peculiari caratteristiche del mondo dei traffici marittimi. Ma nel 1974 un a celebre decisione della Corte di Giustizia ha sancito l’applicazione anche ai settori di trasporto marittimi ed aerei dei principi generali del Trattato e quindi di quelli in materia di disciplina della concorrenza.

2) Si ha con il regolamento del consiglio del 1979 n. 954, concernente la ratifica da parte degli Stati membri della Convenzione UNCTAD. Questo regolamento attua un’equiparazione tra le compagnie nazionali e quelle comunitarie. Ma ciascuno stato membro ha il compito di vigilare affinché tutte le compagnie di navigazione stabilite nel suo territorio, ma appartenente a Stati membri, ricevano lo stesso trattamento riservato alle compagnie nazionali.

3) Ma anche la seconda fase oggi si è esaurita, anche perché le autorità comunitarie si sono rese conto della sterilità degli interventi nel settore in questione che si caratterizzi in termini di semplice controllo delle intese tra gli operatori. Dunque le autorità comunitarie hanno adottato un approccio più comprensivo preoccupandosi di:

  1. Accentuare la connotazione “liberistica” della regolamentazione;
  2. Incidere sulle caratteristiche stesse dell’ambiente in cui le imprese di trasporto marittimo operano.

Per ciò che concerne la disciplina in materia vigente nell’ordinamento italiano, dobbiamo ricordare come la Convenzione per un Codice di condotta delle Conferences marittime sia stata ratificata e resa esecutiva con la L. 92/1989.

La l. 210/1991 prevede che, nel caso di mancato esito di negoziazioni commerciali tra compagnie marittime nazionali per la partecipazione ad una conferenza, il contrasto sia risolto dal Ministro della Marina Mercantile che provvede con proprio decreto.

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