La Corte, accogliendo, respingendo o dichiarando inammissibile una questione di costituzionalità, esprime nella motivazione una raccomandazione al legislatore, affinché questo intervenga a porre una nuova disciplina della materia sottoposta al giudizio, per colmare un vuoto normativo o per superare dubbi di costituzionalità. In questi casi la Corte indica anche i criteri cui la nuova disciplina dovrebbe ispirarsi (sentenze delega o sentenze comandamento). In alcuni casi, tuttavia, la Corte ha agito diversamente: nell’ambito di sentenze di rigetto ha infatti lasciato presagire la possibilità di ulteriori interventi in caso di inerzia del legislatore (tecnica della doppia pronuncia).

Si pongono dei problemi anche su tali pronunce: occorre infatti chiedersi se la Corte possa dare consigli al legislatore, divenendo un organo di consulenza costituzionale del Parlamento e trasformando la sua funzione di controllo successivo in una funzione di indirizzo e di colegislazione. Sebbene la Corte non imponga direttive legislative, ma indichi solo la strada costituzionalmente orientata, restando libero il legislatore sul se, sul quando e sul come intervenire, alcuni ribattono che la discrezionalità del legislatore è comunque limitata, critica questa che ha sostanzialmente portato la Corte ad evitare di abusare di questo tipo di sentenze.

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