La nascita dello Stato liberale

Lo Stato liberale è una forma di Stato che nasce tra la fine del 700 e la prima metà dell’800, a seguito della crisi dello Stato assoluto (dovuto soprattutto a ragioni finanziarie che portarono ad un peso fiscale ritenuto insopportabile dalla classe borghese. A tal proposito si pensi:

1) alla Rivoluzione francese del 1789 che portò all’approvazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino;

2) al Parlamento inglese che negava che il Re potesse imporre nuovi tributi senza il suo consenso e riteneva illegittimi gli arresti arbitrari e l’alloggio forzato delle truppe presso i privati;

3) ed infine, al caso americano che giunse alla Dichiarazione di indipendenza del1776 inseguito al fatto che l’Inghilterra si era rivolta alle Colonie americane, imponendo loro tasse senza il consenso delle assemblee locali, per rimpinguare le casse.

Gli americani risposero invocando il principio secondo cui era illegittima qualsiasi tassazione che non fosse approvata dai loro rappresentanti eletti.), dello sviluppo di produzione capitalistico, dell’affermazione della borghesia.

I caratteri strutturali dello Stato liberale sono: la base sociale ristretta ad una sola classe sociale; il principio di libertà; il principio rappresentativo; lo “Stato di diritto”.

Stato liberale ed economia di mercato

Un altro fattore importante che ha contribuito all’organizzazione del potere politico dello Stato liberale è stato l’avvento dell’economia di mercato, basata sul libero incontro tra domanda ed offerta di un determinato bene, in cui gli interessi tra l’offerente e l’acquirente sono divergenti perché l’uno vuole vendere al prezzo più alto e l’altro vuole acquistare al prezzo più basso. Storicamente l’economia di mercato si è accoppiata al modo di produzione capitalistico basata sulla distinzione tra i soggetti proprietari dei mezzi di produzione ed i soggetti che vendono ai primi la loro forza lavoro (i cd. Salariati).

Lo Stato assoluto ostacolava la nuova economia. L’economia di mercato e capitalistica presupponeva la certezza del diritto di proprietà sia dei venditori che dei compratori, la libertà contrattuale, l’eguaglianza formale dei contraenti le cui volontà incontrandosi dovevano determinare le condizioni dello scambio economico, l’abolizione dei privilegi, dei monopoli pubblici e di tutte le restrizioni alla libera circolazione delle merci.

Pertanto, le nuove modalità di produzione della ricchezza e l’esigenza di garanzia di libertà contro le tentazioni assolutistiche condussero all’affermazione di una società civile distinta e separata dallo Stato, capace di autoregolarsi e di sviluppare autonomamente i propri interessi.

In questa prospettiva si spiega il collegamento tra due tendenze giuridiche tipiche dello Stato liberale: le codificazioni costituzionali (per consacrare in un unico documento costituzionale i principi sulla titolarità e sull’esercizio del potere politico) e le codificazioni civili tese a racchiudere in un codice civile le regole generali (perché riferibili a tutti gli individui resi eguali di fronte alla legge), astratte (perché applicabili più volte nel tempo) e certe (perché raccolte in un corpo normativo unitario e perché, in quanto generali e astratte, prevedibili nei loro effetti) per regolare i rapporti tra privati.

I caratteri dello Stato liberale

In definitiva, lo “Stato liberale” è caratterizzato:

dal fatto che lo Stato è considerato uno strumento per la tutela delle libertà e dei diritti degli individui, in primis del diritto di proprietà;

dalla concezione dello Stato minimo. Se lo scopo dello Stato liberale è quello di garantire i diritti, allora deve trattarsi di uno Stato titolare esclusivamente di funzioni giurisdizionali, di tutela dell’ordine pubblico, di politica estera e di emissione di moneta. Uno Stato quindi che si astiene dall’intervenire nella sfera economica, affidata alle relazioni ed alle autoregolazioni tra privati.

dal principio di libertà individuale. Lo Stato riconosce e tutela la libertà personale, la proprietà privata, la libertà contrattuale, la libertà di pensiero e di stampa, la libertà religiosa, la libertà di domicilio.

dalla separazione dei poteri che consiste nella suddivisione del potere politico tra soggetti istituzionali diversi che si controllano reciprocamente.

dal principio di legalità secondo cui la tutela dei diritti è affidata alla legge. Più in particolare diremo che la sua caratterizzazione come Stato di diritto significa che ogni limitazione della sfera di libertà riconosciuta a ciascun individuo deve avvenire per mezzo della legge. Inoltre tutta l’attività dei pubblici poteri deve essere prevista dalla legge.

Questa funzione garantistica si basa su due premesse:

la legge deve avere i caratteri della generalità e dell’astrattezza, contrariamente sarebbe un mero strumento di arbitrio;

la legge deve essere formata dai rappresentanti della Nazione, a cui membri stessi essa si applica. Lo Stato liberale, perciò, si basa sul principio rappresentativo.

dal principio rappresentativo. In forza di tale principio, le assemblee legislative dello Stato liberale rappresentano l’intera “Nazione” o l’intero “popolo”, mentre invece nello Stato assoluto venivano rappresentati solo gli appartenenti a determinati ceti sociali (nobiltà, clero).I rappresentanti vengono comunque eletti da un corpo elettorale assai ristretto, essenzialmente circoscritto alla classe borghese. In conclusione, lo Stato liberale, proprio per questa sua peculiarità viene qualificato come Stato monoclasse.

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