L’attuale sistemazione dei rapporti tra l’ordinamento comunitario e quello interno rappresenta il risultato di una travagliata giurisprudenza della Corte costituzionale.

Su pressioni della Corte di giustizia europea,la Cortecostituzionale ha ammesso che, in base all’art. 11, sia riservata agli organi comunitari, nelle materie ad essi attribuite, la competenza esclusiva a emanare fonti di diritto immediatamente applicabili nell’ordinamento interno. Le norme interne italiane sia anteriori sia successive alle norme comunitarie, non possono essere dunque applicate nel caso in cui le stesse materie che trattano siano disciplinate anche da norme dettate dagli organi comunitari, che, a loro volta, non possono però derogare ai principi fondamentali ed ai diritti inalienabili della persona umana sanciti dalla nostra Costituzione.

Il rapporto tra le norme comunitarie e quelle interne, come visto piuttosto complesso, ha reso indispensabile una disciplina relativa alla partecipazione delle nostre istituzioni alla formazione degli atti normativi comunitari (fase ascendente) e alle modalità di attuazione e di esecuzione degli atti emanati dalle istituzioni comunitarie.

Relativamente a tali questioni hanno assunto rilevanza due leggi in particolare:

  • la legge n. 86 del 9 marzo1989 haintrodotto uno strumento capace di consentire l’adeguamento periodico delle norme del nostro ordinamento ai regolamenti e alle direttive comunitarie, ovvero la legge comunitaria , da approvarsi annualmente.
  • la legge n. 11 del 4 febbraio2005 hadisciplinato in modo organico il processo di formazione della posizione italiana nella fase delle predisposizioni degli atti comunitari, dettando inoltre le norme generali per garantire l’adempimento dei vari obblighi.

Tale legge, sul piano organizzativo ha istituito un Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) a cui possono partecipare anche rappresentanti delle regioni e degli enti locali.

Viene inoltre introdotta la possibilità di attivare la riserva di esame parlamentare , che garantisce la partecipazione alle decisioni relative alla formazione degli atti normativi comunitari non solo del Parlamento, ma anche delle Regioni e degli enti locali.

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