Sul significato di tale concetto incide il ruolo che i partiti hanno nel quadro delle libertà associative.

• Dove ci sono le condizioni di un pluralismo coeso, esso è ritenuto solo come un residuo storico dello stato liberale totalmente svuotato di significato.

• Dove invece è garantita la concorrenza tra partiti e pluralismo sociale, il divieto è garanzia del pluralismo politico e dello status individuale del parlamentare.

Si pone un problema relativo al rapporto tra rappresentanza e rappresentatività: una volta ricevuto il potere, il rappresentante lo può esercitare liberamente oppure con l’elezione si crea un rapporto permanente tra eletti ed elettori?

L’approccio tradizionale fondato sul rapporto mandato libero/irresponsabilità e mandato imperativo/responsabilità oggi non è più appagante.

Con riferimento alla Costituzione italiana, l’art. 67 da un lato parlando di “nazione” intende che la rappresentanza deve farsi portatrice di interessi generali, ma dall’altro il partito ponendosi come canale permanente di partecipazione politica, concorre a mantenere stretto il rapporto tra corpo elettorale e rappresentanza politica. Da ciò si evince un concetto di responsabilità dei partiti che, a differenza di altre forme di espressione pubblica, devono sottoporsi periodicamente ad una verifica elettorale.

L’ art. 67 è la giustapposizione di due principi di matrice diversa ma il divieto di mandato imperativo non ha altra funzione che quella di limitare gli estremismi del principio democratico. Per quanto riguarda l’esperienza costituzionale tedesca, rilevante è l’art. 38.I.2. In esso si afferma che i deputati del Bundestag sono rappresentanti dell’intero popolo non vincolati da mandati. La disposizione convive con il forte risalto del ruolo del partito configurato dall’art. 21 in cui si afferma che esso è essenziale per la formazione della volontà politica.

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