Tra consorzi con attività interna e le società la diversità consiste nella mancanza dell’esercizio in comune di un’attività economica nella prima. La distinzione tra società e consorzi con attività esterna è invece più sottile, in quanto entrambe hanno in comune sia il normale carattere imprenditoriale dell’attività esercitata , sia il fine di realizzare attraverso tale attività un interesse economico dei partecipanti (scopo egoistico). Diverso è però lo scopo egoistico tipicamente perseguito.

Lo scopo del consorzio è quello di produrre beni o servizi necessari alle imprese consorziate, lo scopo dei singoli consorziati non è quello di ricavare un utile dall’attività del consorzio con i terzi, ma solo quello di conseguire un vantaggio patrimoniale diretto nelle rispettive economie, sotto forma di minori costi sopportati o di maggiori ricavi conseguiti nella gestione delle proprie imprese.

Lo scopo tipo dei consorzi è perciò diverso da quello delle società lucrative (soc. persone e di capitali, anche se è lecito costituire società lucrative di qualunque struttura, eccetto le società semplici, se dichiarano di volere perseguire la realizzazione di uno scopo consortile e che non persegue lo scopo di conseguire utili da dividere fra i soci.); esso presenta affinità con lo scopo tipicamente perseguito dalle società cooperative: lo scopo mutualistico.

La prassi di utilizzare forme societarie per il perseguimento di uno scopo consortile ha trovato riconoscimento legislativo con la riforma del 1976 nell’art. 2615-ter che, dispone che tutte le società lucrative, ad eccezione della società semplice, possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati dall’art. 2602, cioè gli scopi di un consorzio. Tale società sono dette società consortili. Perciò, si può costituire una spa che abbia una finalità consortile, senza voler conseguire utili da dividere fra i soci.

Ma nasce il problema di quale disciplina applicale, se quella delle società o quella dei consorzi o ad una disciplina mista.

I sostenitori della disciplina mista, prevedono che per i profili formali (articolazione, competenze, funzionamento degli organi) si applicano le norme societarie, mentre per i profili sostanziali (rapporti fra soci, e fra soci e terzi) si applicano le norme consortili.

Ma esigenze di certezza del diritto inducono a preferire l’impostazione che vede nelle società consortili vere e proprie società, in via di principio integralmente assoggettate alla disciplina delle società.

Gli imprenditori che danno vita ad una società consortile potranno inserire nell’atto costitutivo specifiche pattuizioni volte ad adattare la struttura societaria alla specifica finalità consortile perseguita, purché tali clausole non siano incompatibili con norme inderogabili dei tipo societario prescelto.

In mancanza di specifiche disposizioni di legge o dell’atto costitutivo, troverà integrale applicazione la disciplina legale del tipo societario prescelto.

 

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