Attualmente la società per azioni costituisce la più sofisticata forma di organizzazione dell’impresa che il sistema conosca. Rispetto all’art. 2247 (contratto di società), tuttavia, mancano due elementi:
- la possibilità di un conferimento di servizi, e quindi di un apporto personale all’esercizio dell’impresa.
- l’esercizio in comune dell’attività, che l’assemblea dei soci, attraverso il meccanismo delle maggioranze, conferisce agli amministratori.
Nelle società per azioni, oltre ad un acuto conflitto fra soci e creditori sociali, fortemente tutelati, si riscontra un rilevante dissidio interno fra i soci. In tali società, tuttavia, la regola generale del consenso unanime dei soci, vista la notevole differenza tra le varie partecipazioni azionarie, risulta essere incongrua:
- perché porterebbe sullo stesso piano chi ha una partecipazione cospicua con chi ha una partecipazione irrisoria.
- perché paralizzerebbe l’attività sociale, essendo piuttosto difficile ottenere l’unanimità in caso di un rilevante numero dei soci.
Per dare agilità di movimento, quindi, occorre che il principio maggioritario sia liberamente applicabile, senza però che in tal modo si rimettano i soci in minoranza alla mercé dei soci che hanno la maggioranza.
La necessità di ricorrere ad un gran numero di persone per la raccolta di un ingente capitale, inoltre, richiede che le partecipazioni sociali siano liberamente trasmissibili (azioni). Le società, infatti, inizialmente si costituiscono fra poche persone, le quale poi, facendo leva sulla libera circolazione dei titoli, collocano le azioni fra i propri clienti.
Il collocamento delle azioni nei più diversi strati sociali, tuttavia, può dar luogo alla cosiddetta polverizzazione del capitale sociale presso una grande quantità di piccoli azionisti, i quali, non curandosi d’intervenire alle assemblea, producono due conseguenze:
- assicurano il dominio della società a coloro che possiedono un consistente pacchetto azionario, anche se lungi dal rappresentare la maggioranza del capitale sociale.
- consentono a coloro che possiedono un consistente pacchetto azionario di svolgere l’attività senza i controlli affidati alle minoranze.
Nelle società per azioni, quindi, il pericolo di abusi risulta piuttosto elevato. L’inderogabile controllo che ne deriva, tuttavia, non può essere affidato ai soci, i quali, oltre ad essere troppo numerosi, molto spesso non sono interessati alle sorti della società. Occorre quindi un organo apposito per la sorveglianza della gestione della società (collegio sindacale), i cui membri sono attualmente nominati dalla stessa maggioranza che nomina gli amministratori.
Tale sistema, tuttavia, è stato integrato per le società quotate in borsa con la creazione di un apposito organo di controllo, la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), e con la previsione della certificazione obbligatoria dei bilanci ad opera di società di revisione.
Nell’economia moderna, lo Stato non si limita a regolare il fenomeno economico, ma vi interviene, assumendo il ruolo di un vero e proprio operatore economico. Tale situazione ha determinato delicati problemi relativi alla posizione da riconoscere allo Stato rispetto agli altri azionisti e agli organi da lui nominati.
Nelle società per azioni, quindi, si ha una serie notevole d’interessi che, cozzando fra di loro, si aggrovigliano, portando a una situazione caotica piuttosto rilevante. Questo complesso meccanismo di interessi, tuttavia, coinvolgendo anche l’interesse pubblico, non può essere lasciato al libero gioco delle forze interessate, il quale, infatti, rischierebbe di danneggiarlo dall’interno.