La pubblicità istitutiva (dichiarativa) presenta:

  • un’efficacia negativa (art. 2193 co. 1), che consiste negli effetti che conseguono alla mancata iscrizione di un fatto che doveva essere iscritto. Il soggetto tenuto all’iscrizione può trarre vantaggio dal fatto non iscritto solo se prova la conoscenza effettiva del terzo, e questo perché, non avendo ottemperato all’obbligo dell’iscrizione, se non deve essere danneggiato dalla mala fede del terzo, non può neanche trarre profitto da tale negligenza.

La regola vale solo a carico di chi è obbligato a chiedere l’iscrizione. I terzi, infatti, possono sempre opporre i fatti non iscritti non solo all’imprenditore, ma anche ad altri terzi. Tale regola inoltre non si applica quando l’obbligo di chiedere l’iscrizione non è posto a carico dell’imprenditore (es. art. 2198).

  • un’efficacia positiva (art. 2193 co. 2), che consiste negli effetti che conseguono all’iscrizione di un fatto che doveva essere iscritto. L’iscrizione di un fatto comporta che esso sia sempre opponibile nei confronti dei terzi, i quali non possono in nessun modo addurre di averlo ignorato. L’efficacia dell’iscrizione, quindi, risulta essere istantanea, e prescinde dalla possibilità in cui i terzi si siano trovati di prenderne conoscenza.

L’iscrizione nel registro delle imprese è predisposta allo scopo di rendere pubblici fatti già esistenti, quindi ha un’efficacia esclusivamente dichiarativa: non aggiunge nulla al fatto iscritto, non sana quello viziato e non ne crea uno inesistente. Dall’analisi di questo elemento, risulta chiaro che l’ipotesi di imprenditori commerciali apparenti non trova credito nella dottrina prevalente.

Si ritiene, tuttavia, che se l’imprenditore fa iscrivere sul registro delle imprese un fatto inesistente o viziato può essere tenuto a rispondere nei confronti dei terzi di buona fede come se il fatto fosse vero (apparenza giuridica). Tale principio, chiaramente, non può trovare applicazione quando l’iscrizione è avvenuta d’ufficio.

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