Critica al Codice di Commercio

La divisione del diritto privato in due codici poteva apparire per molti aspetti arbitraria ed inconveniente, a tal punto da spingere un professore della UniversitĂ  di Bologna, Cesare Vivante, a muovere una dura critica a questa partizione, sostenendo che:

  • la delimitazione tra le due materie risultava essere artificiosa ed incerta.
  • il Codice di Commercio era un codice di classe a favore dei commercianti.
  • il riconoscimento degli usi mercantili come fonte di diritto esponeva i non commercianti a norme da essi ignorate.

Sebbene con questa critica il celebre professore si dichiarasse fautore dell’unificazione dei codici, in seguito riconobbe che il diritto commerciale sarebbe risultato assai imbrigliato all’interno del Codice Civile, visto il bisogno continuo del primo di rinnovarsi.

 La Riforma del 1942

Superata la posizione di Vivante, furono prima Mossa e poi Finzi a ritenere che il commercio assumesse rilievo soltanto qualora fosse organizzato dalle imprese, e che dunque fosse necessaria la nascita, in sostituzione del diritto degli scambi commerciali, di un diritto, appunto, delle imprese che permettesse di dare al commercio un’impronta più professionale.

Proprio questa fu la dottrina che segnò il progetto del Codice di Commercio del 1942, con cui si passò da un diritto degli scambi ad un diritto delle imprese, nel quale venivano delineati perfettamente i parametri secondo i quali un’impresa doveva o meno essere sottoposta al diritto commerciale.

 La disciplina delle obbligazioni era stata unificata e tale unificazione si era realizzata sulla base della disciplina commerciale, che fu estesa a tutti i rapporti privati: non vi erano più contratti civili e contratti commerciali, ma singole figure contrattuali, la cui disciplina trovava applicazione in ogni caso. Sebbene il sistema continui ancora a presentarsi duplice, appare di fatto avvenuta un’unificazione, e nonostante l’art. 7 del codice commerciale continui a porre il codice civile come ultimo nella graduatoria delle fonti, i due sistemi sono ormai l’uno intrecciato all’altro, in maniera indissolubile. Possiamo quindi dire che l’unificazione materiale si sia attuata trasferendo le norme del progetto del Codice di Commercio all’interno del Codice Civile, divenuto poi codice vigente, unificazione questa che è poi avvenuta anche sul piano processuale.

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