L’art. 2556 si compone di due commi, il secondo dei quali è stato modificato ad opera della l. n. 310 del 1993, che lo ha reso di incerta lettura:

  • co. 1 (invariato): per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere provati per iscritto . Di norma, quindi, il contratto non richiede formalità particolari ai fini della sua validità, tuttavia, a fronte di questa regola generale la frase successiva pone una duplice eccezione con cui viene fatta salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto (es. se l’azienda è oggetto di una donazione, essa può essere trasferita solo mediante atto pubblico). L’azienda quindi non rileva unitariamente come tale sul piano della disciplina contrattuale.
  • co. 2 (modificato): i contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni . Il problema di questo comma nasce dall’inciso in forma pubblica o per scrittura privata . Si direbbe che l’obbligo dell’iscrizione nascesse soltanto per quei contratti che fossero stati stipulati in questa forma, tuttavia la cosa non convince perché la l. n. 310 (v. sopra) è dettata in funzione della trasparenza, allo scopo di contrastare il riciclaggio di denaro sporco che con questi trasferimenti potrebbe essere attuato.

Da qui la possibile illazione che la nuova disposizione debba essere intesa in tutt’altro significato, al limite che abbia addirittura inteso maldestramente modificare il contenuto del primo comma, imponendo la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata non ad probationem, bensì ad essentiam. Tuttavia, viste la gravità e l’ampiezza delle conseguenze che tale illazione comporterebbe, si ritiene pressoché impossibile che il legislatore non se le sia prospettate e che, distrattamente, abbia modificato il secondo comma andando ad incidere anche sul primo. Più probabile è il contrario, ossia che sia intervenuto solo sul secondo comma con l’intenzione di mediare tra l’esigenza di non stravolgere il sistema e quella di assicurare una qualche trasparenza sui passaggi di proprietà.

In sintesi quindi si ritiene che l’atto pubblico e la scrittura privata autenticata non siano imposti a pena di nullità, ma che siano comunque una forma obbligata, in funzione dell’iscrizione, la quale rimane in ogni caso un adempimento obbligatorio. Semplicemente se il trasferimento fosse convenuto senza ricorrere alla scrittura, sanzione sufficiente sarebbe l’impossibilità di provarne l’esistenza per testimoni. Se invece fosse convenuto per iscritto, ma senza ricorrere all’autenticazione notarile, sanzione sufficiente sarebbe l’impossibilità di opporre ai terzi l’avvenuto passaggio di proprietà.

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