Lo status come fonte di affidamento che genera responsabilità nei confronti di soggetti altri da colui che ha sollecitato l’opera rileva anche nelle professioni legali.

Secondo due autorevoli scrittori (Werner Lorenz e sir Basil Markesinis), in un recente caso inglese la figura idonea a dar fondamento alla responsabilità del procuratore (solicitor) che, non avendo provveduto a stilare il documento contenente le disposizioni testamentarie del proprio cliente, aveva impedito al terzo di conseguire il beneficio di cui sarebbe stato destinatario, avrebbe dovuto essere quella del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte (Contratto con effetto protettivo per Terzi), nel quale gli obblighi che la buona fede impone a protezione di una parte verso l’altra si estendono ai terzi alla protezione dei quali tale parte sia a sua volta tenuta.

Si tratta del caso White v. Jones.

{La Court of Appeal si pronuncia per la responsabilità del solicitor, analogamente al precedente Ross v. Caunters, ove però la responsabilità dell’avvocato nasceva dalla mancata informazione in punto di forma del testamento dalla quale era derivata la nullità di una disposizione testamentaria, dunque da un inesatto adempimento.

In White v. Jones la questione nasce da un mancato adempimento, sicché non si può far riferimento a Ross v. Caunters come ad un precedente in senso stretto, cioè dal quale ricavare direttamente la regola da applicare}.

In relazione a codesto caso vien fatta valere la necessità di una soluzione che, facendo perno sulla proximity del terzo rispetto alla prestazione del debitore, faccia rilevare la sfumatura contrattuale che sembra contraddistinguerla.

In effetti proprio la figura del contratto con obblighi di protezione per terzi era stata richiamata in un analogo caso tedesco dal Tribunale federale germanico.

{BGH 6 luglio 1965; il caso non viene riferito nella trattazione che Karl Larenz dedica al Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte (Contratto con effetto protettivo per Terzi): ciò fa pensare che la decisione richiamata sia considerata in dottrina un caso isolato da non ripetere.

Giovanni Varanese mi rimprovera di sminuire l’importanza di questo caso sulla base della mia considerazione che esso “non è citato da Larenz”.

In realtà la mia idea non è figlia del principio di autorità, ma intende dare spiegazione del mancato riferimento: siccome è da escludere che un autore così geneticamente importante per la figura in questione non avesse presente questo Testamentfall, pare plausibile ritenere che il caso non rientri nella tipologia del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte}.

Un avvocato aveva tardato a procurare un incontro col notaio, in presenza del quale il cliente avrebbe dichiarato le sue ultime volontà.

Con esse il testatore, che aveva già manifestato le sue intenzioni all’avvocato, avrebbe istituito come unica erede la propria figlia, lasciando un piccolo legato alla nipote.

La negligenza dell’avvocato e la sopraggiunta morte del cliente impedirono di redigere il testamento con la prevista presenza del notaio, e la figlia si trovò a dover dividere con la nipote l’asse ereditario.

I giudici tedeschi affermarono il diritto al risarcimento del danno fatto valere contro il legale dalla figlia, liquidando a favore di quest’ultima una somma pari all’ammanco patrimoniale da essa subìto in conseguenza della successione ab intestato.

Il precedente tedesco viene preso in considerazione dalla House of Lords nel decidere White v. Jones.

Alla fine però i supremi giudici inglesi adottano una soluzione sì favorevole ai beneficiari delusi del testamento non redatto, ma nelle forme della responsabilità extracontrattuale.

L’opinion attorno alla quale si costruisce la decisione, quella di Lord Robert Lionel Archibald Goff, ritiene meno problematica la soluzione in tort, per la difficoltà di conciliare il Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte con la privity of contract e con la consideration.

Possiamo osservare che di queste due doctrines, la prima è stata superata sul piano legislativo, mentre la seconda non è così certa ed indiscussa.

{L’innovazione legislativa che nel Regno unito ha introdotto il contratto a favore di terzi è costituita dal Contracts (Rights of Third Parties) Act 1999.

Non intendiamo confondere contratto a favore di terzo e contratto con effetti di protezione per terzi, ma ammesso legislativamente il primo, non è più possibile affermare come principio la privity of contract come assoluta impossibilità che il contratto produca effetti nelle sfere giuridiche di soggetti terzi}.

Quanto al risarcimento accordato al beneficiario deluso, lo stesso Lord Goff ammette che il danno “per la perdita di una aspettativa è in linea di principio risarcibile quando ricorra una responsabilità contrattuale”, pur se alla fine non vede alcuna plausibile ragione per escluderne la rilevanza “semplicemente perché la responsabilità viene riconosciuta di natura aquiliana”.

Dal nostro punto di vista e con riguardo al diritto italiano invece la ragione c’è, ed è costituita proprio dal fatto che l’aspettativa non è una situazione soggettiva e perciò non può ricevere tutela in sede aquiliana (come la qualificazione di ingiustizia richiesta dal 2043 (Risarcimento per fatto illecito) esige).

L’aspettativa può diventare presupposto della responsabilità solo tra soggetti determinati nell’ambito di una relazione giuridicamente rilevante quando le parti abbiano voluto questo o la legge così preveda.

{A mio avviso va inquadrata in questa chiave la questione della risarcibilità del danno da perdita di chance: quest’ultima, se è mera probabilità di un esito favorevole, si situa sul piano del fatto, e per definizione non attinge il livello della meritevolezza di tutela che è proprio delle situazioni soggettive la cui lesione è necessaria ad integrare l’ingiustizia di cui al 2043.

Essa invece diventa rilevante in àmbito contrattuale in quanto indice di una relazione fra soggetti determinati fondata sull’affidamento, in ossequio al quale il principio di buona fede si concretizza in obblighi reciproci di protezione e di conservazione.

Al contrario, Cass. 6506/1985 afferma che la chance o probabilità è anch’essa un bene patrimoniale, la cui perdita produce un danno attuale e risarcibile tutto che [sic!] ne sia provata l’esistenza.

E di recente Cass. 11322/2003, facendo leva su Cass. S.U. 500/1999, afferma che avendo la suddetta sentenza ritenuto che il danno ingiusto sia quello lesivo di posizioni meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento, indipendentemente dal punto se costituiscano diritti soggettivi, la perdita di chance rientra a pieno titolo tra queste posizioni meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento.

Il collegamento tra l’affermazione di Cass. 500/1999 che identifica l’ingiustizia del danno con una clausola generale e la perdita di chance era stato operato da me in nota a tale sentenza, rilevando l’incoerenza della stessa Corte.

Essa, dopo aver affermato in generale la sufficienza della meritevolezza dell’interesse perché la violazione dello stesso fosse ritenuta ingiusta ai fini dell’applicazione del 2043, in pari tempo aveva negato tale sufficienza: ciò perché essa aveva proclamato che, oltre alla lesione dell’interesse legittimo, il quale di per sé produce una chance che abbiamo detto essere danno probabile, occorre la lesione di un interesse a un bene della vita, cioè un danno attuale, con questo negando che la chance perduta, come tale possa esser considerata danno risarcibile}.

Nel caso in questione l’aspettativa del possibile beneficiario si proietta nei confronti del (mancato) testatore.

Essa rimane comunque di mero fatto fino all’apertura della successione, momento nel quale si integra nella figura del chiamato all’eredità o del legatario.

A carico del consulente giuridico in materia testamentaria non solo non è ipotizzabile un obbligo di protezione nei confronti del testatore che sia configurabile negli stessi termini nei confronti del terzo possibile beneficiario, ma sono i princìpi del diritto delle successioni che sembrano insuperabili, almeno nel diritto italiano, per chi intenda rendere attive in sede risarcitoria aspettative pur fondate di ricevere per testamento, quando questo, per negligenza del consulente giuridico o del notaio, non sia stato redatto o lo sia stato ma in violazione delle regole di forma richieste ad substantiam.

E ciò non tanto perché il testatore nell’esercizio della sua autonomia avrebbe potuto mutare volontà, sicché verrebbe a mancare la prova di un preciso e sicuro nesso causale tra la condotta colposa ed il danno del terzo (Werner Lorenz e sir Basil Markesinis ritengono superabile questa obiezione assumendo che quello causale può essere un giudizio di probabilità), quanto perché sul piano sostanziale l’autonomia testamentaria non consente di riconoscere pretesa di alcuno fin quando la volontà in tal senso non sia manifestata e la successione aperta; e sul piano formale la volontà testamentaria non può considerarsi esistente fin quando non sia incorporata nel prescritto documento.

Ove si accogliesse un’azione di danni del previsto erede o beneficiario di disposizione testamentaria per la mancanza del testamento o a causa della nullità di una disposizione, l’attore finirebbe col conseguire, per il tramite della responsabilità civile, il vantaggio equivalente a quello della disposizione testamentaria nonostante la mancanza della disposizione stessa.

Ciò sembra in diretto contrasto con la funzione costitutiva dell’acquisto mortis causa attribuita dalla legge alla volontà testamentaria manifestata nelle forme previste ad substantiam.

Il “danneggiato” primario è il testatore o mancato tale, al quale viene impedito l’esercizio della sua autonomia.

{In termini meno precisi, Fernando Gómez Pomar e Juan-Antonio Ruiz-García affermano che la vera perdita in tale ipotesi è costituita dalla violazione della volontà del testatore.

Però è difficile capire come tale perdita possa essere trasferita al mancato beneficiario della disposizione testamentaria dando vita ad un diritto al risarcimento del danno in favore di quest’ultimo}.

Ma, a dar corso a quest’idea, emergono due difficoltà.

Dalla lesione non deriva al testatore alcun danno patrimoniale, mentre nell’azione relativa al danno non patrimoniale, ove la si ipotizzi, succede l’erede ab intestato, il quale o è proprio colui che ha beneficiato della mancata disposizione testamentaria, o è il previsto destinatario, il quale potrebbe succedere in misura inferiore a quella divisata dal de cuius e perciò lagnarsi, facendo valere il diritto del testatore al risarcimento.

Ma ad impedire tale esito sopraggiungono le limitazioni che caratterizzano la risarcibilità del danno non patrimoniale, tanto più di natura contrattuale, quale è per l’ereditando quello generato dalla lesione dell’autonomia testamentaria.

A subire un danno patrimoniale è solo il destinatario in pectore della disposizione testamentaria.

Ma si tratta di un danno meramente patrimoniale, la cui risarcibilità presenta la triplice difficoltà:

di fondarsi sulla delusione di un’aspettativa che non viene resa rilevante dal diritto ereditario fino a quando la volontà del de cuius non risulti manifestata in un valido testamento;

di non attingere perciò l’ingiustizia prevista dal 2043 (Risarcimento per fatto illecito), che è qualificazione della lesione di una situazione soggettiva;

di essere sì un danno conseguente all’inadempimento di un obbligo di prestazione, ma il cui creditore insoddisfatto è nella specie non il danneggiato in questione ma il mancato testatore.

Il superamento del principio di relatività degli effetti del contratto, che comporterebbe una simile responsabilità extracontrattuale, ha potuto verificarsi in maniera sicura quando il terzo, benché per definizione non titolare di un diritto di credito nei confronti dell’autore del danno, ha subìto la lesione di una situazione soggettiva, riguardante la persona od il patrimonio, come nella responsabilità del produttore, ma non nei casi di perdite puramente patrimoniali.

Come ha ben rilevato il Barone Michael John Mustill in White v. Jones, dal fatto che non si dia una pretesa contrattuale del terzo mancato destinatario della disposizione testamentaria non si può inferire che ce ne debba essere una extracontrattuale.

In realtà fuori dalle ipotesi in cui si erga un ostacolo normativo come quello rappresentato dai principi in materia testamentaria, potrebbe darsi una pretesa risarcitoria di natura contrattuale, nonostante la mancanza di un obbligo di prestazione, nei confronti di quei terzi in contemplazione dei quali tale obbligo è stato assunto.

 

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento