Con l’espressione “inadempimento” si allude sia al caso in cui il debitore non abbia eseguito la prestazione dovuta sia al caso in cui non l’abbia eseguita esattamente (1218). Il codice civile tedesco non contempla la figura generale dell’inadempimento, poiché si limita a regolare le conseguenze dell’inadempimento derivante da un evento impeditivo imputabile al debitore e gli effetti della mora.

L’inadempimento, che non presupponga la mancanza definitiva della prestazione ma derivi da un differimento della medesima, si configura come una particolare ipotesi di inesattezza. Dove non vengano in considerazione le disposizioni sulla risoluzione del rapporto contrattuale per inadempimento, il debitore, sin quando la prestazione non sia divenuta impossibile, è tenuto ad adempiere; a sua volta il creditore non può rifiutare l’adempimento tardivo, pretendendo in sostituzione il risarcimento del danno per equivalente.

Se è stata preventivamente pattuita una penale (1382), quest’ultima può cumularsi con la pretesa alla prestazione principale, soltanto se la penale sia stata prevista per il semplice ritardo (1383). L’inesatto adempimento non è ristretto soltanto al caso del mancato rispetto della scadenza prevista.

Si è visto difatti che può aversi inadempimento per inesattezza anche nelle ipotesi in cui la prestazione non corrisponda per quantità al contenuto del rapporto (1181) ovvero sia qualitativamente diversa nella stessa identità (aliud pro alio art. 1197) o anche rispetto alle qualità promesse o essenziali per l’uso a cui la cosa sia destinata.

Il ritardo in quanto tale è un inadempimento di regola imprevedibile nel suo esito ultimo. Lo stato di incertezza si risolve: con l’adempimento tardivo; con la certezza dell’inadempimento definitivo ossia dell’impossibilità dell’adempimento. La responsabilità autonoma per ritardo si manifesta solo nel caso dell’adempimento tardivo: nelle altre ipotesi, è ricompresa nell’inadempimento definitivo.

Il ritardo dovuto a colpa del debitore nell’esecuzione della prestazione dovuta costituisce una figura di inesatta attuazione del rapporto, ossia si atteggia come un inadempimento provvisorio con riguardo alla modalità temporale dell’obbligazione. È quanto si deduce dalla formulazione letterale dell’art. 1218: il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Nelle disposizioni successive all’art. 1218 è regolata la mora del debitore. La mora è senza dubbio un ritardo, come è attestato dall’etimologia non dubbia del vocabolo. Nell’ipotesi del ritardo semplice è sufficiente una richiesta anche informale affinché sorga a carico del debitore colpevole dell’indugio l’obbligo di risarcire i danni derivanti dal ritardo, sebbene l’ipotesi possa verificarsi soltanto nei casi marginali; se si tratta di un contratto con prestazioni corrispettive, è possibile chiedere, ove esistano gli altri requisiti, la risoluzione del contratto per inadempimento; se nel contratto è prevista una clausola penale per il ritardo, è dato avvalersene.

Nell’ipotesi di ritardo qualificato sono necessari i presupposti legali che si trovano riassunti nella rubrica dell’art. 1219 con la formula della costituzione in mora; si producono alcuni effetti specialmente miranti ad offrire al creditore una tutela immediata nella quale è stata talvolta rinvenuta una duplice funzione: di carattere conservativo-cautelare; di reintegrazione dell’interesse leso. Gli effetti caratteristici della mora del debitore si producono in via automatica o in conseguenza di una “intimazione” o richiesta scritta.

 

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