La moneta

I rapporti obbligatori relativi a somme di denaro notoriamente prevalgono, nell’esperienza economica dei nostri tempi, su tutti gli altri. Le ragioni economiche sono di per sé sufficienti a giustificare una trattazione autonoma dei debiti di denaro. In termini strettamente giuridici la scelta sistematica del legislatore si riferisce alla specialità del rapporto. L’impossibilità di ricomprendere le prestazioni pecuniarie in una più generica categoria dipende dall’impossibilità di assimilare in tutto la moneta alle altre cose.

Una di queste pretese qualità (consumabilità) si dissolve quando si abbia riferimento alla funzione del denaro in quanto capitale; le altre assumono un significato speciale. A maggior ragione il denaro non può farsi rientrare nella nozione economica e naturalistica di bene produttivo. Il denaro è un’unità ideale di misura, ma è anche mezzo di pagamento che, come tale, è costituito da pezzi monetari, ossia da cose. Queste ultime possono essere “capitalizzate” nel quadro delle più varie operazioni economiche (funzione di capitale).

Si sa difatti che i “mezzi di pagamento” non sono presi in considerazione dagli ordinamenti moderni per il loro valore bensì in quanto simboli che si ragguagliano, come multipli o sottomultipli, a un’unità ideale di misura legalmente prestabilita (cassazione sezioni unite 1979\3776). Ogni ordinamento giuridico fissa la sua unità monetaria secondo una misura legale a cui si riportano i singoli strumenti monetari circolanti (corso legale della moneta).

L’unità legale diviene dunque un’unità legalmente definita e garantita: è un’unità valutaria legale o più semplicemente “valuta” le cui funzioni sono assolte da strumenti valutari. Il controllo legale sulle obbligazioni pecuniarie è intrinseco alla natura stessa dell’oggetto.

I debiti di denaro nel sistema

La possibilità di disporre della moneta non presuppone necessariamente la detenzione delle entità materiali che sono strumentali all’esigenza di circolazione del denaro. Il profilo della materialità della moneta non può essere ignorato del tutto, tanto più che l’oggetto diretto del pagamento nel minuto commercio quotidiano è costituito dai pezzi monetari, che sono indiscutibilmente cose anche da un punto di vista giuridico. Nel passato si tendeva a ricomprendere l’obbligazione pecuniaria tra le obbligazioni di dare cose generiche e fungibili.

Con argomentazione di stretto diritto positivo si può affermare che la disciplina delle obbligazioni di cose generiche ha le sue regole fondamentali. E’ palese che tali regole non sono state dettate con riguardo ai pezzi monetari, per la semplice ragione che per i medesimi non si pone un problema di rischio per il perimento o di qualità: giammai è imposta la consegna di banconote in bello stato (sebbene possa giustificarsi il rifiuto di banconote a tal punto deteriorate da essere inservibili).

L’autonomia delle obbligazioni avente per oggetto una somma di denaro trova conferma in quell’importante innovazione del codice civile vigente nella quale si prevede che il luogo di adempimento, in mancanza di un’apposita previsione, sia costituito dal domicilio del creditore. La specialità dell’obbligazione pecuniaria va ricercata con riguardo all’autonoma funzione del denaro: non discende dal rapporto con una categoria più ampia. La consegna di mezzi pecuniari può ormai essere sostituita da altre entità o da altre vicende giuridiche che, rispetto al pagamento pecuniario materiale, hanno distinta struttura giuridica ma identica funzione economica, poiché si risolvono nel mettere a disposizione del creditore la somma dovuta.

E’ risaputo che le grandi operazioni economiche sempre più spesso si stipulano con l’intermediazione delle banche e degli altri agenti finanziari sulla base di operazioni di accreditamento (partite di giro), che non comportano alcuna consegna materiale di pezzi monetari e favoriscono la sicurezza e la celerità della circolazione della ricchezza. Con la nascita della moneta scritturale i pezzi monetari potrebbero perfino assumere una funzione marginale e ridursi al piccolo mercato di ogni giorno.

Sempre più diffusa è anche la tendenza a consegnare in pagamento al posto del denaro altri documenti ricompresi in senso ampio nel genere dei titoli di credito o dei valori mobiliari (assegni bancari, vagli cambiari e postali e simili). Giudici e giuristi non sono in sintonia: i primi affermano che il mezzo di pagamento accettato in luogo del denaro contante integra pur sempre gli estremi di una prestazione in luogo dell’adempimento; i secondi propendono ormai per affermare che si tratti di un vero e proprio adempimento, poiché quel che a tal fine è sufficiente è che la prestazione sia eseguita per tramite di uno strumento che assicuri al creditore l’effettiva disponibilità dell’importo dovuto.

La forza della prassi e la sostanziale corrispondenza economica con il pagamento in denaro influiscono direttamente sulla valutazione del comportamento delle parti nella fase di adempimento e soprattutto sull’applicazione della regola della correttezza: chi paga con un assegno il debito in denaro, già espressamente pattuito in contanti, non può imporre tale scelta, in assenza di una norma anche consuetudinaria o pattizia, al creditore; ma il rifiuto di quest’ultimo, in relazione alle circostanze può essere contrario a buona fede oggettiva, purchè non si dimentichi che il ricorso al mezzo di pagamento diverso dal denaro contante: è pur sempre un rischio che si assume il debitore; e comunque non deve rendere più onerosa la posizione del creditore, così da alterare unilateralmente le modalità esecutive del credito.

L’autonomia dei debiti di denaro è innegabile. La definizione dell’obbligazione in generale deve tenere conto della preminenza della figura speciale, tanto più che una gran parte della disciplina dell’attuazione del rapporto obbligatorio ha per oggetto il pagamento, il quale a sua volta ha per modello la regolare esecuzione dei debiti di denaro.

 

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