L’azione di riduzione è lo strumento concesso dal legislatore a tutela del diritto del legittimario, al fine di contemperare due interessi fra loro in conflitto e parimenti meritevoli di riconoscimento:

– da un lato la salvaguardia della l’autonomia negoziale del defunto,

– dall’altro la tutela dei diritti inderogabili degli stretti congiunti(legittimari).

– Infine un terzo, è volto a tutelare i terzi che, a vario titolo, entrano in contatto con i beni ereditari.

Il recente legislatore, pur salvaguardando l’istituto della successione necessaria, ha cercato di favorire le esigenze di speditezza e circolazione della ricchezza, soprattutto immobiliare. Peraltro, l’azione di riduzione non appare l’unico strumento a tutela del legittimario. Si è così ritenuta valida, in giurisprudenza, la convenzione (contratto) con la quale i chiamati all’eredità convengano di non far valere il testamento del de cuius e, di ripartirsi l’asse ereditario in parti uguali per successione legittima.

Si sottolinea, inoltre, come l’art. 43 del testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle

successioni e donazioni Dlgs.346 31/10/1990, fa espresso riferimento agli accordi diretti a reintegrare i diritti dei legittimari posti in essere con terzi beneficiati da disposizioni testamentarie riducibili.

Circa la natura giuridica dell’azione di riduzione,

– alcuni parlano di azione ascrivibile nel novero delle impugnative negoziali, in quanto l’effetto risulta essere quello di rendere inefficace la disposizione testamentaria lesiva della legittima.

Altri, affermano che trattasi di azione di risoluzione, ascrivibile come azione di rescissione.

Altra dottrina, avvicina la riduzione alla revocatoria ordinaria.

Trattasi, di questioni prive di pratica utilità, posto che l’azione di riduzione viene a caratterizzarsi proprio per la sua specialità.

Non sussistono dubbi, al contrario, circa la natura personale dell’azione di riduzione, la dottrina sembra ormai orientata nel ritenerla azione personale, in considerazioni del fatto che:

– è diretta nei confronti del solo onorato testamentario o del donatario, e non degli aventi causa;

è diretta, inoltre, a rivendicare non lo specifico bene ma a far valere sul valore del bene stesso le proprie ragioni successorie.

L’azione di riduzione non va, infatti, confusa, con l’azione di restituzione.

L’azione di riduzione mira alla reintegra (quota di riserva), in concreto, delle ragioni del legittimario.

La restituzione, infatti, ben può essere esperita nei confronti dei terzi acquirenti dal donatario, così come stabilito ex art. 563 c.c.

Infine, la dottrina, considera la azione di riduzione quale azione di accertamento costitutivo in quanto mirante proprio ad accertare la avvenuta lesione di legittima.

Presupposti per l’esperimento dell’azione di riduzione sono:

esistenza di disposizioni testamentarie o donative, in grado di ledere la c.d. quota di riserva.

– le disposizioni testamentarie devono essere valide, salvo il permanere dei tradizionali rimedi giuridici volti alla declaratoria di inefficacia, ex tunc o ex nunc, come nelle ipotesi del testamento falsamente redatto, o redatto da soggetto non più in grado di intendere o di volere o da soggetto già interdetto alla data di redazione dello stesso.

– Il legittimario è tenuto ad imputare (collazione, salvo dispensa) nella propria porzione tutte le liberalità ricevute dal de cuius, sia in vita a titolo di donazione, che mortis causa a titolo di legato.

– Il legittimario leso deve avere accettato l’eredità con beneficio di inventario, Ex art. 564,

L’azione deve essere promossa entro 10 anni dall’apertura della successione, prima che si prescriva.

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