Il trasferimento del credito può avvenire in seguito all’accordo tra il creditore cedente e un soggetto, il cessionario, che subentra nella titolarità del diritto (cessione del credito). Tra le modificazioni soggettive del lato del credito la cessione ha il maggior rilievo pratico, oltre che sistematico, sebbene sia possibile che l’effetto della trasmissione del diritto si produca anche in base ai presupposti legali già considerati con riguardo alla surrogazione di pagamento. La cessione del credito si perfeziona anche senza il consenso del debitore (1260).

Infatti si ritiene che per il debitore sia indifferente adempiere nei confronti del creditore o di altro soggetto. Diverso è il problema di una sicura identificazione del titolare del credito e della disciplina dei presupposti da cui dipende la liberazione del debitore. Nel codice civile vigente le disposizioni sulla cessione dei crediti precedono la regolamentazione delle ipotesi tradizionalmente indicate quali figure tipiche di modificazione o di successione tra vivi nel rapporto obbligatorio.

La collocazione dell’istituto nel sistema ha indotto una parte della letteratura civilistica a guardare al fenomeno come a un insieme di effetti prodotti da singole figure contrattuali già regolate in maniera autonoma con la conseguenza che dovrà prevalere la disciplina o comunque la finalità che ha rilievo nelle singole ipotesi. Secondo un’altra opinione la legge si limiterebbe dare rilievo a un accordo contrattuale, il cui fondamento giustificativo tende a variare nei singoli casi (teoria della causa generica e variabile). Il codice stesso afferma che il titolo della cessione può essere a titolo oneroso o gratuito (1260).

Vi è anche chi si esprime nel senso che la cessione sarebbe un contratto astratto, ma la formula spesso è usata in un’accezione non diversa rispetto all’opinione che ravvisa l’essenza del fenomeno nella variabilità o nella indeterminazione della causa. Per orientarsi tra le diverse teorie, è opportuno precisare che la cessione resta neutra, con riguardo al fondamento giustificativo, soltanto in quanto effetto legale, ma il singolo accordo rivolto alla cessione, una volta stipulato, è valido purché abbia una causa, per quanto quest’ultima possa assumere caratteri diversi in relazione al contenuto della singola operazione contrattuale.

La giurisprudenza, con argomentazione che non sempre chiarisce la distinzione tra l’atto di cessione e il suo effetto automatico, tende a configurare la cessione come uno schema incompleto da integrare con riferimento a un sottostante contratto a titolo oneroso o a titolo gratuito.

E non mancano le massime ove si afferma che la cessione è atto a produttivo di effetti traslativi indipendentemente dal carattere oneroso o gratuito, ovvero agli scopi perseguiti; e il cessionario sarebbe esonerato dalla prova della causa della cessione. Se la cessione è posta in essere per spirito di liberalità, è necessaria la forma prevista per la donazione. L’adesione del debitore alla cessione è prevista nella sede intitolata all’efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto (1264).

Sono previste singole ipotesi speciali in cui l’accettazione del debitore ceduto è richiesta ai fini della validità della cessione: casi esemplari sono stati individuati con riguardo alla disciplina dei crediti derivanti da pubblici appalti. Come in ogni contratto che ha per oggetto il trasferimento di un diritto, anche nel caso della cessione il credito si acquista per il solo consenso delle parti legittimamente manifestato, secondo il principio dell’efficacia traslativa del consenso (1376).

La regola generale deve essere posta a confronto con la disciplina della cessione del contratto, ove si afferma che “per effetto della cessione il credito è trasferito al cessionario”, ma si aggiunge che la cessione è efficace nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata (1264 comma 1).

 

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