Con espressione patto di prelazione si designa l’accordo con il quale un soggetto (detto promittente) si impegna a dare al promissario (o prelazionario) la preferenza rispetto ad altri possibili contraenti e a parità di condizioni nel caso di un’eventuale e futura stipulazione.

Il diritto di prelazione ho di preferenza può trovare la sua fonte costitutiva nella legge o dell’accordo delle parti, distinguendosi in questo modo la relazione legale da quella convenzionale.

Infatti, in molti casi è la stessa legge a stabilire, in relazione agli interessi coinvolti, quali soggetti devono essere preferiti nel caso in cui si intenda stipulare contratto.

Un’ipotesi rilevante di prelazione legale è prevista in tema di successioni in particolare, parliamo, del cosiddetto Retratto successorio istituto del diritto successorio in base al quale i coeredi sono titolari di un diritto di prelazione in caso di alienazione della quota ereditaria da parte di altro coerede. Il fondamento del retratto successorio previsto dalla legge è quello di evitare l’ingresso, nella comunione ereditaria, di soggetti non legati da vincoli di parentela, nonché quello di evitare un eccessivo frazionamento del patrimonio ereditario.

La prelazione convenzionale si fonda, invece, su un apposito patto con cui il promittente si obbliga a dare al prelazionario la preferenza rispetto ad altri a parità di condizioni nel caso in cui decida di stipulare un determinato contratto.

Nonostante, il frequente ricorso nella pratica il pactum prelationis non ha, nel nostro ordinamento, una disciplina unitaria, né sembra potersi ricavare una regola di generale applicazione dall’unica a norma (art.1566) dettata dal legislatore con riferimento al contratto di somministrazione.

Non vi è dubbio che anche il patto di prelazione costituisca manifestazione dell’autonomia contrattuale dei soggetti: in particolare la prelazione convenzionale si pone come limite, di natura volontaria, alla libertà di concludere il negozio con uno alla controparte più gradita. Il promittente, in altri termini, ancor prima di avere deciso di contrarre rinuncia ad una libera scelta dell’altro contraente in virtù del patto con cui si obbliga a preferire il promissario a parità di condizioni con terzi.

Ne discende, pertanto, che la disciplina della prelazione volontaria non può desumersi da quella legale, la quale presiede alla realizzazione di interessi di diversa natura anche disomogenei tra loro. Tuttavia, per determinati aspetti potrà essere anche utile attingere in via analogica o estensiva ai diversi modelli disciplinati dal legislatore.

C’è da dire che nell’ambito del tentativo di ricostruire la fattispecie non sono mancati accostamenti tra l’obbligo di gare preferenza con l’obbligo a contrarre nel caso di contratto preliminare. In altri termini, il rapporto ipotizzato sarebbe quello di genus (contratto preliminare) – species (patto di prelazione).

Tuttavia, questa ricostruzione è stata dedicata da buona parte degli studiosi (ne patto di prelazione non esiste l’obbligo di contrarre che caratterizza il preliminare, il contraente infatti libero di stipulare contratto con l’unico limite di effettuare la denuntiatio).

Un’altra parte della dottrina e alcune risalenti pronuncia della giurisprudenza aveva assimilato il patto di prelazione allo schema nell’opzione. La dottrina maggioritaria respinge anche questa costruzione sulla base delle profonde differenze strutturali e funzionali delle due figure.

Sulla base della difficoltà di ricostruire il patto di prelazione riconducendolo ad uno dei modelli contrattuali disciplinati dal codice civile, una parte sempre più consistente di studiosi riconduce la figura in esame a due significative ricostruzioni che possa vendicarsi nella cosiddetta teoria dei negozi preparatori e teoria del patto di prelazione quale schema sui generis.

Dal patto di prelazione derivano due principali obbligazioni: una negativa che vincola il promittente a non stipulare il contratto con altri soggetti fino al momento in cui il promissario non abbia dichiarato di accettare o non sia scaduto il termine per farlo; l’altra positiva che impone al promittente spesso di comunicare al promissario le proposte allo stesso formulate o che intende a sua volta proporre a terzi (denuntiatio).

L’espressione denuntiatio designa, appunto, il contenuto di tale obbligazione positiva che si concretizza nella comunicazione completa degli elementi essenziali del contratto che si intende concludere, pertanto, secondo la ricostruzione prevalente ha la natura di proposta contrattuale.

La violazione del patto di prelazione, che si ha nel caso in cui il promittente concluda il contratto (a parità di condizioni) con il terzo, determina il risarcimento del danno. Il danno risarcibile è pari al vantaggio patrimoniale che il promissario avrebbe avuto se fosse stato preferito al terzo.

Nel caso in cui la violazione riguardasse la violazione di prelazione legale, il prelazionario potrà far valere il suo diritto anche nei confronti dei terzi così che se si trattasse, ad esempio, di una relazione rispetto ad una compravendita il titolare del diritto di prelazione violato potrà riscattare il bene facendo venire meno il libro ha acquistato dal terzo.

Il patto esige la stessa forma del contratto per cui è concesso il diritto di prelazione. Nel caso in cui le parti abbiano omesso di indicare il termine, questo dovrebbe essere visitato dal giudice.

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