Premessa

Si dice che un principio non delinea una fattispecie, ma è un peso che incide sulla decisione. L’immagine è eloquente: allude all’influenza che un principio dispiega sulle norme e sulla loro applicazione.

 

I principi nel codice civile e nell’analogia. Principi e regole nella Costituzione e nel diritto europeo

Il codice civile non era affatto aduso all’impiego del termine “principio”: i principi si ricavano dalle norme, e il tessuto normativo ne fornisce la trama. Alludeva ai principi l’art.12 delle preleggi in tema di analogia: in caso di dubbio, dopo aver avuto riguardo alle disposizioni che regolano casi simili e materie analoghe, la decisione deve fondarsi sui principi generali dell’ordinamento giuridico.

Oggi il tema dei principi nell’analogia si apre alla prospettiva del diritto europeo. Ma anche il diritto europeo compone l’ordinamento giuridico a cui si riferisce l’art.12: dunque non si tratta di eterointegrazione del sistema.

La ritrosia del codice civile a dettare disposizioni impiegando il termine “principio” non toglieva che da esse si ricavassero principi. Bastino gli esempi della conservazione del contratto e della tutela dell’affidamento.

Un risalente dato testuale è nel principio di parità di trattamento delle società cooperative, che allude al principio di proporzionalità con riguardo alla corresponsione dell’assegno periodico per il mantenimento dei figli.

Nella Costituzione l’espressione “principi fondamentali” è impiegata per rubricare i primi 12 articoli, che sono formulati come regole. Nel testo introdotto dalla novellazione del 2001, si affacciano il principio di sussidiarietà (art.118 comma 4) ed il principio di leale collaborazione (art.120 comma 2).

Nella legislazione europea, invece, il termine “principio” è molto frequente.

 

Funzione dei principi come clausole generali

I principi vengono in considerazione nell’interpretazione, e quindi nell’applicazione delle norme, e nella dinamica di un istituto, cioè nel modo in cui essi divengono regole del caso concreto mediante un’operazione di adattamento.

I principi si risolvono in clausole generali: essi sono al contempo clausole elastiche e criteri che presiedono all’applicazione di altre regole.

Un compito arduo è cercare di fissare il contenuto dei principi in definizioni, il cui scopo è limitato a dettare indici convenzionali.

 

Responsabilità

La responsabilità esprime un principio là dove costituisce un criterio di interpretazione di norme che non la prevedono.

  1. Lo si riscontra nell’interpretazione delle regole sul potere gestorio nell’affermazione che la responsabilità personale per le obbligazioni di un ente con autonomia patrimoniale imperfetta implica e presuppone un potere esclusivo di gestione o il concorso nella gestione là dove non è affermato
  2. La responsabilità, intesa come autoresponsabilità, ha indotto finanche la disapplicazione di norme sollecitando modifiche normative. Alludo alla decisione che ha inibito il disconoscimento di paternità al marito che aveva dato il consenso alla fecondazione eterologa della moglie, con seme di donatore ignoto. Questo impulso è divenuto disposizione di legge con la l. 40/2004 che ha stabilito che colui che ha acquistato lo status di padre non può disconoscere il figlio
  3. L’autoresponsabilità rileva, inoltre, nella rappresentanza apparente istituendo un bilanciamento dei doveri a carico di chi ingenera l’appartenenza con la diligenza richiesta a chi vi confida

 

Uguaglianza

L’uguaglianza giuridica, cioè la parità di trattamento, non costituisce un limite all’autonomia privata, se non quando sia espressamente prevista, come per il monopolista legale o l’esercente di servizi pubblici di linea.

La menomazione dell’uguaglianza costituisce, se non è sostenuta da ragioni giustificatrici, un vizio di legittimità dalla norma per irragionevolezza.

 

Abuso del diritto e buona fede, ragionevolezza endocontrattuale, clausole e coerenza al tipo, abuso della personalità giuridica

La Carta dei diritti fondamentali dell’UE ha sancito, nell’art.54, il divieto di abuso del diritto. Tra le tante possibili prospettive in tema di abuso del diritto, quella che lo collega alla correttezza ed alla buona fede oggettiva ha dato maggiori impulsi. Calato in un contesto tecnico, l’abuso del diritto oscilla tra prescrizioni funzionali e la dimensione della buona fede. Con una sentenza del 1998 la Cassazione ha impiegato la buona fede come criterio per affermare la nullità di una clausola irragionevole nella dinamica degli effetti del contratto. Una assai più nota e recente sentenza del 2009 fa un uso acconcio della buona fede, impiegandola per sindacare l’esercizio del recesso ad nutum: qui la ragionevolezza di un comportamento è indice rivelatore della buona fede.

L’idea di un abuso del diritto oltrepassa ampiamente l’area del contratto ed evoca il tema dell’abuso della personalità giuridica. Lo squarciamento del velo è stato praticato con tanti mezzi.

Ma è opportuno avvedersi che, in luogo dei molti veicoli adoperati, è più realistico plasmare la personalità giuridica secondo il suo concreto atteggiarsi. Pertanto una società di capitali può costituire, a seconda delle prospettive, al contempo, un soggetto ed un cespite del patrimonio di un imprenditore.

Ciò vuol dire che la limitazione di responsabilità non nasce dalla personalità giuridica, ma dal rispetto delle regole che la prevedono. Perciò, se la società è lo strumento di qualcuno, non vedrei ostacoli insormontabili a considerarla al contempo sia un soggetto che un mero cespite del patrimonio di chi se ne avvale, con la conseguenza che la violazione delle regole gestionali può caducare il beneficio della responsabilità.

 

Equivalenza, proporzionalità, adeguatezza. Abusi dell’autonomia

La proporzionalità sembra contraddire l’autonomia negoziale perché, in linea di principio, le parti sono libere di fissare l’assetto di interessi come credono.

L’accertamento dell’adeguatezza si spinge al cuore del contratto, e rende la proporzionalità uno strumento per sindacare l’abuso di autonomia. Ciò accade nel già richiamato regime dell’abuso di dipendenza economica che sanziona con la nullità il patto attraverso il quale si realizzi l’abuso di dipendenza economica di un’impresa a danno di un’altra, su determinati presupposti.

Proporzionalità e adeguatezza vengono in rilievo quando sono richiamate da qualche norma: ad esempio nell’articolo 1384 c.c., in tema di riconducibilità della clausola penale manifestamene eccessiva.

L’adeguatezza opera negli atti determinativi del dovere di mantenimento dei figli nella crisi della famiglia. La si è applicata al licenziamento. Costante è l’impiego del giudizio di proporzionalità per valutare la buona fede nell’eccezione di inadempimento e in generale per apprezzare la non scarsa importanza dell’inadempimento e per soppesare gli inadempimenti reciproci.

 

Precauzione

La precauzione opera tanto nell’obbligazione quanto nella responsabilità extracontrattuale. Nella prima è un’esplicazione della diligenza nell’adempimento, ai confini del contenuto dell’obbligazione. Essa si risolve in un capitolo della responsabilità quando il danno si è prodotto, e colma i dubbi circa l’accertamento della causalità.

La precauzione ha autonomia concettuale solo nella tutela preventiva, dove tende a prevenire un danno mediante inibitorie e ordini di fare. Col danno essa si traduce in un capitolo della responsabilità, da inadempimento o aquiliana.

Il principio di precauzione ha un importante rilievo dinanzi all’ignoto tecnologico. Nella decisione circa l’inibitoria di determinate attività per violazione delle regole precauzionali la sua applicazione va commisurata al bilanciamento dell’interesse ad esercitare l’attività con gli interessi protetti dalle regole di precauzione.

Il dovere di precauzione va calato nella concretezza. Esso si plasma sulle condizioni dell’esercente l’attività, in relazione alle quali può richiedere finanche cautele maggiori rispetto a quelle normativamente prescritte, se lo si desume dalle conoscenze scientifiche.

 

Ragionevolezza e bilanciamento

La ragionevolezza è dato normativo quando è richiamata da una norma; è criterio di valutazione dell’adeguatezza di una norma e dunque criterio per plasmarne l’applicazione; infine è criterio di decisione per risolvere un conflitto tra norme.

Negli articoli in tema di agenzia (1748, 1749, 1751) la ragionevolezza è precipuo indice rivelatore di buona fede.

Nell’art.2467 c.c., che prevede la postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci di una società a responsabilità limitata al soddisfacimento degli altri creditori, la ragionevolezza può costituire una emersione della regola di correttezza fuori dal rapporto obbligatorio così come della regola di buona fede oggettiva in ambito extracontrattuale.

In materia di legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, l’art.10 comma 2 del Regolamento CE 593/2008 assume a riferimento immediato non un comportamento ma l’applicazione di una norma: non è quindi il comportamento a dover essere ragionevole, ma la sua regolamentazione. Su questo terreno ragionevolezza e bilanciamento si pongono come utili strumenti per risolvere il conflitto di norme. In particolare la ragionevolezza induce alla valutazione funzionale di una norma inderogabile ed alla sua potenziale disapplicazione quando nella specie non vengano in rilievo gli interessi a cui essa è funzionale.

 

Sussidiarietà

L’art.118 comma 4 della Costituzione enuncia il principio di sussidiarietà sociale (o orizzontale). Il principio si cala in un sistema dove la delegificazione sembra erodere l’autonomia privata a vantaggio di discipline inderogabili dettate da autorità amministrative indipendenti. Se ne ricava un quadro denso di ambiguità perché all’esaltazione dell’autonomia corrisponde una normativa secondaria inderogabile sempre più minuziosa, legittimata da norme primarie.

L’affermazione della sussidiarietà sociale imprime un rinnovato ruolo all’autonomia dei privati perché parifica il privato al pubblico col suggello costituzionale.

La sussidiarietà, inoltre, dovrebbe favorire gli strumenti di risoluzione delle controversie, inducendo a capovolgere il principio secondo cui, nel dubbio, opera il favor per la giurisdizione pubblica.

 

L’applicazione dei principi

I principi generano un nuovo modo di applicare la legge? La questione è originata dalla constatazione che i principi operano come criteri di valutazione nell’applicazione di norme. Essi si pongono come espressioni verbali elastiche, connotabili soggettivamente. Talvolta servono per definire il contenuto di situazioni giuridiche a loro volta caratterizzabili elasticamente.

Il punto non è demarcare il ragionamento per principi da quello per fattispecie, quanto, piuttosto, l’impiego che si fa degli strumenti per la risoluzione di un problema. Se il principio è norma senza fattispecie, esso comunque non può prescindere da una fattispecie, cioè da un caso concreto, di cui concorre a definire il regime. Un principio, da solo, non ha senso; lo acquisisce quando vive in un caso reale.

Gli orizzonti aperti della normazione per principi, dunque, arricchiscono i criteri di giudizio, ma non trasformano il panorama del diritto.