Risale a data relativamente recente l’analisi giuridica dei debiti di denaro per gli aspetti relativi agli interessi. Le ragioni sono note. Il divieto di morale e religioso dell’usura ha impedito a lungo di studiare il fenomeno senza remore, con piena consapevolezza della rilevanza economica del denaro. Il tema degli interessi prende ad essere concepito in maniera unitaria, nel contesto della disciplina dei rapporti obbligatori di natura pecuniaria (1282-1284). Nasce la consapevolezza dell’autonoma funzione di capitale che il denaro ha assunto nelle società moderne.

La rottura con i codici ottocenteschi è netta. Il codice napoleonico e il codice civile del 1865 non si curano di offrire al debito di interessi una sicura legittimazione: le norme, poche e disperse, sono difficilmente compatibili con una categoria generale. L’innovazione è già nel codice tedesco. Il codice civile del 1942 si inserisce senza dubbio nella trasformazione in atto; la fusione con il codice di commercio accentua le innovazioni.

Una scelta sistematica generale pone la disciplina degli interessi, salve le importanti disposizioni previste per il caso di mora del debitore o alle norme dettate per i singoli contratti, nella sede delle obbligazioni pecuniarie. All’immagine della naturale fecondità del denaro si unisce l’altra degli interessi come frutti civili derivanti dalla produttività del capitale. Agli interessi che si producono di pieno diritto è dedicata la norma che meglio sembra esprimere le innovazioni del codice: l’art. 1282.

Un’altra regola generale è prevista nel quadro della disciplina degli effetti posti a carico del debitore che versi in situazione di mora (interessi moratori 1224). Nel tentativo di trovare un criterio che consenta di sistemare in un terzo genere le varie disposizioni sul debito di interessi la giurisprudenza ancora prevalente individua, accanto alle categorie generali, desunte dagli art. 1224 e 1282, un’ulteriore figura alla quale suole darsi la denominazione di interessi compensativi (testualmente riprodotta nella rubrica dell’art. 1499 per descrivere gli interessi sul prezzo che il compratore deve al venditore se la cosa venduta e consegnata produca frutti o altri proventi).

Gli interessi che sono detti corrispettivi costituiscono la categoria forse meno controversa; e al tempo stesso la più importante, al fine di comprendere il normale meccanismo di nascita del debito di interessi. I debiti liquidi di somme di denaro producono alla scadenza interessi di pieno diritto. La misura percentuale è detta saggio di interessi. Il saggio legale è del dieci per cento in ragione di un anno.

Una tale disciplina, legale e automatica, non ha né un carattere imperativo né assoluto: alle deroghe pattizie, sempre possibili nei limiti previsti dalla legge, si aggiungono le stesse disposizioni speciali introdotte dal legislatore. Due figure di debiti pecuniari liquidi, esigibili, ma non produttivi di interessi corrispettivi sono indicate nello stesso articolo 1282 comma 2 e 3.

La prima si riferisce ai crediti per fitti e per pigioni: tale disposizione è però derogabile con patto contrario. La seconda si riferisce ai crediti di rimborso di spese fatte per cose da restituire, con riguardo al tempo in cui della cosa si sia goduto senza corrispettivo e senza obbligo di rendiconto.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento