Il modello prescelto a suo tempo per l’assicurazione contro gli infortuni potrebbe allora esser ritenuto non inappropriato: si tratterebbe cioè di un’assicurazione obbligatoria – non sociale – a favore di tutti coloro che partecipano alla circolazione stradale.

È il cosiddetto sistema di first party insurance (modello in cui è il danneggiato a provvedere alle dovute coperture assicurative), che per essere soddisfacente richiederebbe però un’assicurazione obbligatoria anche per i pedoni, la quale presenta due inconvenienti: la mancanza di un apprezzamento sociale in grado di renderla accettabile ed una diffusione sociale talmente alta da far ritenere allora preferibile un’assicurazione sociale tout court.

Rimane il sistema di assicurazione della responsabilità civile che vige in Italia e domina negli USA.

Tale modello è stato criticato da Guido Calabresi.

Con specifico riguardo alla circolazione automobilistica, in quanto esso risulterebbe più gravoso per i poveri e gli anziani ed i giovani i quali, ove si assicurassero con un sistema first party, pagherebbero un premio rapportato rispettivamente alla ridotta aspettativa di vita degli anziani ed al magro reddito dei poveri e dei giovani, mentre con l’assicurazione della responsabilità per i danni eventualmente arrecati agli altri essi pagano con riferimento al reddito ed all’aspettativa di vita del possibile danneggiato, il quale non può che essere connotato ai fini assicurativi con le caratteristiche del cittadino medio.

Osservo anzitutto che con riguardo ai giovani l’attualità di reddito basso non esclude la possibilità di un reddito alto in futuro, onde la liquidazione del danno dovrebbe tenerne conto.

Quanto ai poveri ed agli anziani, la scelta tra i vari massimali possibili nel sistema r.c.a. consente di avvicinare il premio alle attese di danno del singolo automobilista senza chiuderlo necessariamente in un’indifferenziata classe unica dell’automobilista, ed i meno abbienti sceglieranno già massimali più bassi per pagare di meno.

Una critica generale e radicale è venuta più recentemente all’assicurazione della responsabilità civile: analizzando la crisi che ha colpito a metà degli anni ‘80 del secolo scorso il sistema assicurativo statunitense George Priest ha ipotizzato le cause fondamentali del fenomeno.

Si tratterebbe, da un lato, di un eccesso di responsabilità civile, dovuto a pronunce risarcitorie riguardanti danni non evitabili; dall’altro del modello di assicurazione (della responsabilità civile) invalso quale conseguenza dell’espandersi della responsabilità civile.

In particolare, nel danno da prodotti la responsabilità oggettiva è stata usata con funzioni sostanzialmente assicurative e perciò con effetti distorsivi; comunque con un incremento di costi perché l’assicurazione della responsabilità civile (third party insurance) che ne è seguita sarebbe economicamente meno conveniente di un’assicurazione contro i danni ed in particolare contro i danni alla persona (first party insurance).

Un orientamento a favore della first party insurance si era già verificato nei decenni precedenti nella letteratura svedese, ma nemmeno il sistema svedese sembra tout court riconoscibile in tale modello.

Nella first party insurance l’assicurato non si preoccupa di fornire copertura al danno morale perché esso, si dice, non inciderebbe sulla capacità di reddito del singolo; al contrario, l’assicurazione della responsabilità civile deve preoccuparsi del danno morale, il quale costituisce una componente di grande rilievo nella liquidazione del danno a carico del responsabile: ciò implica un costo più alto, sotto questo profilo, della third party insurance rispetto alla first party insurance.

In secondo luogo, la first party insurance tiene conto, e correlativamente se ne riduce il premio, di eventuali altre fonti di riparazione dello stesso danno.

Inoltre le polizze first party contemplano spesso delle franchigie che, limitando l’indennizzo, si riflettono in un costo minore dei premi.

Quanto al danno morale, esso non ha assunto e non sembra dover assumere le dimensioni esorbitanti che lo hanno caratterizzato negli Stati Uniti.

Del resto, la limitazione frapposta negli ordinamenti europei da norme come il 2059 c.c. (Danni non patrimoniali) od il § 253 BGB (il quale prevede al comma I che il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge), se appare superata sul terreno dell’an, rimane sintomatica di una moderazione sul piano del quantum risarcitorio.

Non assicurarsi per il danno morale non risolve il problema, se le regole di responsabilità continuano ad imporne il risarcimento.

Ed allora o si esclude a priori la risarcibilità del danno morale, nel qual caso la maggiore convenienza della first party insurance non si darà più perché nemmeno l’assicurazione della responsabilità civile dovrà più coprirlo, o l’assicurazione contro i danni lascerà scoperto il danno morale, del quale allora dovrà rispondere l’autore del danno, affrontando il relativo costo.

Col che si ritorna al punto di partenza.

Analoga considerazione va fatta con riguardo alle eventuali franchigie previste nell’assicurazione first party: quest’ultima costerà di meno rispetto all’assicurazione della responsabilità civile in relazione al minore aggravio dell’assicuratore, ma rimane il problema del risarcimento del danno ulteriore rispetto alla limitazione assicurativa.

A questo punto occorrerebbe dimostrare che il costo complessivo dell’assicurazione diretta del danneggiato (first party insurance) e dell’assicurazione per la residua responsabilità civile sia inferiore rispetto ad una sola assicurazione della responsabilità civile che copra l’intero danno.

La propugnata sostituzione della third party insurance con una generalizzata first party insurance sarebbe volta a recuperare la responsabilità civile alla sua funzione propria di riduzione del costo dei danni sotto il profilo della prevenzione.

Orbene, da un lato è difficile vedere come un obiettivo generalizzato di first party insurance possa realizzarsi senza un meccanismo di obbligatorietà; quest’ultimo però, nella sua necessaria estensione a tutti i danni, da un lato non è concretamente alle viste, dall’altro dovrebbe sollecitare ad una selezione dei singoli rischi, ma allora a tante assicurazioni che il singolo dovrebbe contrarre.

Questo non è realisticamente pensabile.

La seconda obiezione riguarda la disciplina attuale dell’assicurazione contro i danni.

Tale disciplina prevede quella che il 1916 c.c. chiama “surrogazione dell’assicuratore” che abbia indennizzato l’assicurato contro i danni, nei diritti di quest’ultimo nei confronti del responsabile civile.

Mediante la surroga il problema della responsabilità civile e della sua copertura assicurativa viene solo spostato perché l’assicuratore che si surroga al danneggiato agirà nei confronti del responsabile civile.

Sul piano teorico l’assicurazione contro i danni coprirebbe anche i danni rispetto ai quali sia esclusa la responsabilità di alcuno, e l’esistenza di essa dovrebbe rendere meno accesa la disputa circa un’eventuale responsabilità civile.

Ma così come il danneggiato non assicurato, l’assicuratore del danneggiante insterebbe per l’accertamento di una responsabilità, dal quale in via surrogatoria si aspettasse il recupero di quanto pagato al danneggiato.

Pietro Trimarchi, in materia di danno da prodotti, ha ritenuto che per i danni da sviluppo sarebbe inappropriata la responsabilità ed adeguata una non ulteriormente chiarita previdenza obbligatoria.

Tutto ciò mostra che la proposta di sostituire la responsabilità civile, assistita dalla relativa assicurazione, con un’assicurazione contro i danni si rivela velleitaria fino a quando non si affronti il problema della surroga dell’assicuratore.

{La first party insurance attraverso la surroga riversa il costo del danno sul responsabile negli stessi termini di un giudizio di responsabilità civile, con la sola differenza che attore non è più il danneggiato, già ristorato dall’assicuratore, ma quest’ultimo, il quale agisce per riavere quanto ha pagato all’assicurato: in questi termini l’assicurazione non realizza la distribuzione del costo del danno.

Uno degli argomenti contro la razionalità economica della surroga dell’assicuratore è appunto il rilievo che essa contrasta con l’idea di una corretta distribuzione dei rischi, la quale, apparentemente realizzata con riferimento agli assicurati, non impedirebbe al singolo (danneggiante) di subire tutto intero il costo del danno: con il che l’assicurazione avrebbe solo il ruolo di rendere certo l’indennizzo, ma sarebbe quasi neutra rispetto all’esito conseguito mediante la responsabilità civile.

Il 1916 c.c. (Diritto di surrogazione dell’assicuratore) ha subìto per ora qualche rimaneggiamento, che non lo intacca però in via di principio.

Corte cost. 356/1991 ha dichiarato illegittimo, per contrasto col 32 Cost., il 1916 c.c., nella parte in cui consentiva all’assicuratore di rivalersi, nell’esercizio del diritto di surrogazione nei confronti del terzo responsabile, sulle somme da questi dovute all’assicurato a titolo di risarcimento del danno biologico anche nel caso in cui la somma liquidata dall’Inail al lavoratore infortunato risultasse superiore all’importo complessivo dovuto dal responsabile civile a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, del danno biologico e del danno morale}.

Coordinamento dell’assicurazione con la responsabilità civile

Le osservazioni svolte fin qui ci inducono a due conclusioni.

Anzitutto risulta inattuale un pensiero disposto a reputare la responsabilità civile ormai defunta in quanto soppiantata dall’assicurazione.

Nell’assicurazione contro i danni il diritto di regresso – impropriamente detto surrogazione – attribuito all’assicuratore sostituisce quest’ultimo al danneggiato in un giudizio di responsabilità.

Nell’assicurazione della responsabilità civile s’impone all’assicuratore il ristoro del danno in esito ad un giudizio di responsabilità civile.

Tanto basta per rendere inattendibile un giudizio di residualità della responsabilità civile.

La seconda conclusione riguarda la scelta tra i modelli possibili di assicurazione: i modelli alternativi rimangono ancora first party e third party insurance, essendo esclusa l’attualità di un’assicurazione sociale integrata da assicurazioni contro i danni di settore tra cui quella per i danni da circolazione, secondo un modello adottato nell’ordinamento svedese (riferito da Bertil Bengtsson), non foss’altro perché essa richiederebbe una volontà di riforma {l’adozione di un sistema generalizzato di assicurazione contro i danni che intendesse realizzare un modello più soddisfacente di distribuzione dei rischi dovrebbe passare attraverso l’eliminazione del regresso dell’assicuratore: questo è accaduto nell’ordinamento svedese – la cosiddetta surroga non ha di per sé molto fondamento}, oltre ad una finanza pubblica più solida e ad una p.a. in grado di funzionare.

 

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