L’espromissione è figura che si caratterizza per la mancanza di una partecipazione del debitore all’iniziativa del terzo, il quale assume nei confronti di un creditore l’obbligo del debitore medesimo. Il terzo che prende su di sé, senza far riferimento agli eventuali rapporti con il debitore, l’obbligo altrui prende il nome di espromittente; il debitore originario prende il nome di espromesso (1272).

L’iniziativa dell’espromittente deve essere spontanea, nel senso che il debitore non prende parte in alcun modo all’operazione. Riguardo alla struttura, si tratta sicuramente di un contratto in caso di espromissione liberatoria, ma prevale, con qualche dissenso, l’opinione secondo cui il consenso del creditore sarebbe sempre richiesto, poiché, anche nel caso dell’espromissione cumulativa, il debito originario viene ad assumere carattere di sussidiarietà. L’obbligo dell’espromittente può aggiungersi all’obbligo dell’espromesso: si dice difatti che l’espromissione è normalmente cumulativa.

Ma può anche sostituirsi all’obbligo dell’espromesso, purché vi sia l’espressa dichiarazione del creditore diretta a liberare il debitore. Concettualmente la distinzione tra l’espromissione cumulativa e la fideiussione è chiara: l’esprommitente intende proprio assumere su di sé l’obbligo il debito dell’espromesso nei confronti del creditore, non vuole rendersene soltanto garante.

Il consenso del creditore alla liberazione del debitore non deve essere equivoco. Alcuni problemi nascono a causa della lacunosità della disciplina. In particolare, nel caso dell’espromissione cumulativa, il dubbio sulla presenza di un comune meccanismo di solidarietà sembra testualmente escluso, là dove si afferma che l’espromittente è obbligato in solido con il debitore originario non liberato (1272 comma 2; 1292).

Come già detto si ammette che sia applicabile la regola della sussidiarietà. Rientra certamente in una previsione di carattere generale la regola da applicarsi alla sorte delle garanzie annesse al credito. Se colui che ha prestato le garanzie non acconsente espressamente a mantenerle, la liberazione del debitore originario ne comporta l’estinzione. Deve nondimeno tenersi conto dell’opinione secondo cui la regola non si applicherebbe ai privilegi.

In termini generali è formulata anche la norma dell’art. 1276: se l’obbligazione assunta dal nuovo debitore verso il creditore è dichiarata nulla o annullata, e il creditore aveva liberato il debitore originario, l’obbligazione di questo rivive, ma il credito non può valersi delle garanzie prestate da terzi. L’espromissione tende alla liberazione, immediata o mediata, del debitore originario nei limiti della tutela del credito esistente: l’espromittente, di conseguenza, può opporre al creditore tutte le eccezioni che il debitore originario avrebbe potuto opporre, ossia le eccezioni relative al rapporto tra espromesso e creditore. S

ono escluse le eccezioni relative al rapporto, ove esista, tra l’espromittente e l’espromesso. È possibile una diversa regolamentazione per accordo tra le parti. L’espressa esclusione della facoltà di eccepire la compensazione suggerisce un confronto con l’art. 1302. Si tratta, a ben vedere, di una scelta coerente con la distinta struttura dei due fenomeni: difatti, nel caso dell’espromissione si presuppone il riferimento a un interesse unisoggettivo non già a una comune situazione e paritaria situazione di condebito. Si applica insomma il principio secondo cui il debitore principale non può opporre in compensazione al creditore un controcredito del garante.

 

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