Nel Codice Piano-Benedettino si dava rilievo solo al vizio della violenza morale.

Sotto il profilo volitivo, il nubente vuole il matrimonio sia in caso di violenza morale, sia in caso di errore spontaneo o doloso; sotto il profilo intellettivo, in caso di violenza è pienamente consapevole dell’altrui minaccia (consapevolezza di esprimere un consenso viziato), mentre in caso di errore o dolo non si rende conto dell’anormalità della situazione (ritiene di esprimere un consenso integro).

L’errore vizio

L’errore, se è relativo all’identità della persona o del negozio, determina la mancanza assoluta o il difetto del consenso → errore ostativo (cann. 1096, 1097, 1099).

L’errore sulla qualità della persona del coniuge è irrilevante a meno che la qualità non abbia una grande importanza nell’animo del nubente. Per rendere l’errore invalidante deve essere ritenuta essenziale ai fini della determinazione della sua volontà.

L’errore vizio su una qualità oggettivamente non identificante invalida il consenso, quando l’errore risulti qualificato dalla circostanza che l’attenzione del soggetto si è appuntata in maniera specifica su una determinata qualità ed ha costituito la principale motivazione a contrarre.

Le qualità accidentali (estranee alla struttura del consenso) sono caratterizzate dalla circostanza che il soggetto errante rivolge la propria attenzione principalmente su quelle.

Il dolo come vizio del consenso

Quando l’errore-motivo riguarda una qualità personale la cui ricorrenza o la cui mancanza può per sua stessa natura produrre un grave turbamento nella vita coniugale, invalida il consenso se è provocato da inganno o dolo (can. 1098).

Gli antichi giuristi romani definivano il dolo come una qualsiasi macchinazione, posta in essere al fine di raggirare il soggetto contraente.

Gli elementi del dolo sono due: l’inganno, come causa dell’errore, e l’intenzione, di colui che inganna, di indurre l’ingannato a compiere un determinato atto giuridico.

Il dolo è vizio del consenso, in quanto il nubente vuole l’atto perchè si è mal rappresentata la realtà a causa dell’inganno subito.

Dolus determinans : realizzato quando, senza inganno, il soggetto non compirebbe l’atto.

Dolus incidens : il soggetto porrebbe lo stesso in essere il negozio, ma a condizioni diverse.

Nel codice piano-benedettino, l’atto viziato da dolo era valido se non fosse stato stabilito diversamente da un’apposita norma.

Nel Codice del 1983 il dolo è disciplinato dal can. 1098, ora considerato come norma di diritto positivo ecclesiastico, irretroattiva.

Requisiti del dolo invalidante:

  1. esistenza di un inganno per ottenere il consenso dell’altro nubente. La legge non dice chi debba essere l’autore del dolo, può essere l’altro nubente o un terzo. Oltre ai raggiri, contano anche le menzogne e i silenzi, quando il deceptor si sia reso conto dell’errore in cui è incorso l’altro e ne abbia approfittato tacendo.
  2. l’errore del nubente ingannato deve cadere sopra una qualità dell’altra parte, che sia fisica, morale, sociale o altro. Deve comunque essere una qualità positiva ritenuta presente (o negativa ritenuta assente) dal deceptus. Es: verginità, condanne, abitudini moralmente riprovevoli;
  3. la mancanza o la ricorrenza della qualità può turbare gravemente il consorzio di vita coniugale. L’incidenza della qualità sulla vita coniugale deve essere valutata con un metro oggettivo e in parte soggettivo.

La vis vel metus o violenza morale can. 1103

È invalido il matrimonio celebrato per violenza o per timore grave incusso dall’esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio.

Nel codice abrogato, la violenza morale doveva avere quattro requisiti, ma ora rilevano solo due di essi:

  1. origine estrinseca : il timore subito dal nubente è causato dall’azione di un soggetto umano diverso dal metus patiens (→ comunque da un essere umano). Il metus encutiens (colui che compie l’azione violenta, può essere uno dei due nubenti o un terzo. È sufficiente un suspicio metus, ovvero un sospetto fondato che si stia mirando al matrimonio come via di salvezza da eventuali mali futuri. Se la minaccia è stata formulata in epoca precedente alle nozze, ma continuano a perdurare le conseguenze e il metus patiens decide di contrarre matrimonio solo per rimuovere una situazione dannosa provocata da queste conseguenze, si parla di consensus reflexe elicitus.
  2. Gravità del timore . deve essere grave tanto l’azione violenta del metum incutiens (coactio), quanto il timore che subisce il metum patiens. Ricorre una grave violenza quando la condotta dell’agente è idonea a costringere il metum patiens a scegliere il matrimonio come unica via di sfuggire al male minacciato. Valutazione oggettiva (sulla base dell’ id quod plerumque accidit). È grave il timore se, tenuto conto delle condizioni fisiche, intellettuali, di sesso, età, doti caratteriali e temperamento del soggetto, questi raffronta il male minacciato e il matrimonio, venendo a scegliere il matrimonio per sfuggire al male. Valutazione soggettiva (metus a quo ut quis se liberet, eligere cogatur matrimonium)
  3. Timore indiretto (solo Codice 1917) : anche il timore incusso senza lo scopo di costringere al matrimonio il soggetto che lo subiva aveva efficacia invalidante. La violenza, per il semplice fatto di essere finalizzata ad estorcere il consenso, era automaticamente ingiuste incussa.
  4. Timore reverenziale (solo Codice 1917) : legato alla violenza morale da un rapporto di species a genus → il metus è una figura particolare. Tra i due soggetti deve esistere un vincolo di dipendenza affettiva e psicologica → reverentia. La violenza si configura come qualsiasi atteggiamento o comportamento idoneo a prospettare la rottura del rapporto affettivo per il caso di non celebrazione delle nozze.

 

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