Il diritto canonico indica con il termine diritto civile, “ius civile”, il diritto delle comunità politiche; il ricorso dell’espressione latina vuole indicare il diritto prodotto dal legislatore statale nel suo complesso. I canonisti utilizzano anche il termine diritto secolare, “ius saeculare”, più preciso perché non confonde l’insieme del diritto posto dal legislatore nella comunità con il diritto civile, che regola quelle dimensioni dell’azione privata. Inoltre fa riferimento al “saeculum”, cioè al tempo storico, quindi indica con precisione i diritti di quelle società le cui finalità sono limitate nel tempo, a differenza del diritto canonico. Esistono molti elementi di somiglianza perché il diritto canonico risulta essere prossimo ai diritti che fanno parte delle due grandi famiglie di civil law e common law.
Esistono però anche alcuni elementi di differenziazione: un primo elemento è il carattere universale del diritto canonico. La Chiesa è stata istituita dal suo Fondatore, Gesù Cristo, per portare in tutto il mondo e a tutti i popoli il messaggio di salvezza, quindi non è limitata ad un territorio. Di conseguenza è un ordinamento giuridico aperto, nel senso che almeno in potenza tutto gli uomini ne fanno parte; anche se il canone 96 del codice di diritto canonico dice che solo mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo, i non battezzati sono soggetti di diritto canonico nel senso che sono destinatari di norme canoniche che gli conferiscono la titolarità di diritti (ad es. il diritto a ricevere il battesimo o l’annuncio del vangelo).
Invece gli ordinamenti giuridici statali hanno alla base la distinzione tra cittadino e straniero, perciò si pongono in un atteggiamento di chiusura per proteggere il primo (amico) ed escludere l’altro (nemico) dall’appartenenza alla comunità politica. Mentre tutti gli uomini sono chiamati a far parte della Chiesa e quindi la qualità di fedele si acquista per libera determinazione, la qualità di cittadino si acquista grazie alla volontà dello Stato di concederla. Un altro elemento di diversità è il criterio ordinario e fondamentale di individuazione dei destinatari, per il diritto canonico è quello personale, cioè le norme sono dirette ai battezzati della Chiesa cattolica. Invece nei diritti statali il criterio ordinale è quello territoriale, cioè il diritto applicabile al cittadino o allo straniero è quello vigente sul territorio in cui l’individuo si trova. Questo carattere della personalità deriva dal passato, i grandi imperi raccoglievano al loro interno molti popoli diversi e quindi vigevano molti diritti personali, con la prima guerra mondiale però questi imperi si disgregarono (ad es. l’impero austro-ungarico). Un esempio di questa pluralità dei diritti si può fare in materia matrimoniale, infatti ogni religione ha le sue leggi.
Un altro elemento ancora è l’origine delle norme, infatti il diritto canonico fa una distinzione tra diritto divino e diritto umano, invece negli ordinamenti secolari il diritto è sempre di origine umana, anche se ammette una rilevanza del diritto naturale (ad es. nell’art. 2 della Cost. “i diritti inviolabili dell’uomo sono riconosciuti”, con questo termine si ritengono già esistenti). Sempre sconosciuta ai diritti secolari è la distinzione tra foro esterno e foro interno, ad opera di Graziano e disciplinata nel canone 130: nella Chiesa l’unica potestà di governo è normalmente esercitata in maniera pubblica e notoria, con effetti conosciuti o conoscibili da parte della comunità dei fedeli (foro esterno, rapporti giuridici pubblici come il matrimonio) ma può essere esercitata in forma segreta e senza che i suoi effetti vengano pubblicamente conosciuti (foro interno, propriamente giuridico come il vizio occulto in un matrimonio). Un altro esempio si può fare nell’ambito del diritto penale canonico poiché esistono delle pene che vengono attuate immediatamente dopo aver commesso il reato, quindi senza sentenza cioè senza un pubblico processo infatti sono dette “latae sententia”, perciò lo sa solo il diretto interessato.
Infine, l’ultima caratteristica del diritto canonico è l’elasticità poiché è un diritto la cui forza è data dall’interiore adesione dei soggetti e non dal timore delle sanzioni, inoltre la finalità ultima è il bene spirituale delle anime quindi se una norma canonica, in un caso concreto, dovesse divenire un impedimento al bene spirituale o addirittura causa di peccato, la norma non deve essere applicata. Per questo motivo esistono degli istituti canonistici come la grazia, la dispensa, la tolleranza, l’equità canonica che attenuano il rigore della legge per salvare l’interesse spirituale del fedele. Questi istituti ovviamente si applicano solo alle norme di diritto canonico poste dall’autorità umana per due ragioni: sia perché il diritto divino non può essere in contrasto con il bene spirituale, sia perché l’autorità umana non può mai dispensare dall’osservanza di una disposizione che non ha posto ma proviene da Dio.
Al contrario, la rigidità del diritto secolare, cioè non può essere ordinariamente mai derogato, è espressa dall’antica regola iuris “dura lex, sed lex”. Questa rigidità trova la sua ragione nella certezza del diritto, cioè quel bene superiore nella vita dei consociati dato dalla possibilità per i singoli di conoscere con sicurezza ciò che la legge detta. Questo bene fondamentale però cede al bene supremo della salus animarum. In conclusione, il diritto canonico ha una pretesa infinitamente più alta rispetto a quella del diritto secolare.