I richiami al Concilio Vaticano II sono essenziali per comprendere l’impostazione data dal codice vigente alle norme sulle persone. Il libro secondo del codice intitolato “Il popolo di Dio” si apre con una disposizione che pone una nozione fondamentale: la nozione di “christifidelis” o fedele. Si trova nel can. 204 e dice che i fedeli sono coloro che sono stati incorporati a Cristo mediante il battesimo e sono costituiti popolo di Dio, inoltre sono chiamati ad attuare, secondo la condizione giuridica di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa. Connesso a questo è il can. 96 secondo cui mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo, con i doveri e i diritti che ai cristiani sono propri. In passato parte prevalente della dottrina riteneva che il termine “persona” adottato dal legislatore volesse dire “soggetto di diritto”; in realtà indica l’individuo umano membro della Chiesa.

Questo termine quindi non è assunto dal legislatore canonico in un senso strettamente tecnico – giuridico, in effetti dal punto di vista formale il can. 96 parla di “persona nella Chiesa di Cristo” e non di “persona in diritto canonico”, quindi il soggetto di diritto nell’ordinamento canonico non è solo il battezzato. I non battezzati non godono della piena capacità giuridica nell’ordinamento canonico ma tuttavia hanno una soggettività giuridica canonica perché sono destinatari di norme canoniche: ad esempio richiedere e ricevere il battesimo, che riflette la volontà di Cristo a che tutti gli uomini siano salvi (can. 864).

Esistono poi delle situazioni particolari all’interno dell’ordinamento, un primo caso è dato dalle persone che hanno ricevuto il battesimo ma non fanno parte della Chiesa cattolica, disciplinato dal can. 205 che pone i criteri per accertare la piena comunione con la Chiesa, costituiti dai vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico. Queste persone sono il battezzato che non professa la fede cattolica, il battezzato che non accetta uno o più dei sette sacramenti, cioè i mezzi di salvezza istituiti nella Chiesa, e il battezzato che non accetta il vincolo del governo ecclesiastico. Nel primo caso si parla di eresia (ostinata negazione ad una verità), nel secondo di scisma (rifiuto alla sottomissione al Papa o alla comunione dei membri della Chiesa) (can. 751). Il can. 205 determina l’ambito dell’obbligatorietà della legge ecclesiastica che non si applica ai cristiani non cattolici, cioè ai battezzati che non appartengono alla Chiesa cattolica.

Un secondo caso è dato da coloro che non sono battezzati, in generale non sono soggetti all’ordinamento canonico poiché non hanno il presupposto essenziale per far parte di questa società. Tuttavia, come ogni uomo sono soggetti alla legge naturale e quindi possono essere destinatari di norme canoniche in determinate circostanze, in particolare qualora entrino in rapporti giuridici con persona battezzata: ad esempio il matrimonio tra un battezzato e un non battezzato. Il non battezzato è legittimato però ad amministrare il sacramento del battesimo, purché intenda fare ciò che fa la Chiesa e qualora il ministro ordinario del battesimo mancasse o fosse impedito (can. 861). Il codice contiene una esplicita previsione normativa riguardante i catecumeni che sono uniti con vincoli speciali alla Chiesa (can. 206), è una disposizione importante perché disciplina la vita di un consistente numero di persone che intendono entrare nella Chiesa e prevede esplicitamente che i non battezzati possano essere attualmente destinatari di diritti e doveri, come da interpretazione del canone 96. A differenza di molti legislatori civili, il diritto canonico prende giusnaturalisticamente atto della sussistenza di una persona umana, ai fini giuridici, sin dal momento del concepimento, infatti il can. 871 prevede che i feti abortivi, se vivi, siano battezzati e il can. 1398 punisce chi procura l’aborto.

Un terzo caso riguarda la distinzione tra chierici, laici e religiosi. Il canone 207 afferma che per istituzione divina vi sono nella Chiesa i ministri sacri, detti chierici; gli altri fedeli sono chiamati laici, dagli uni e dagli altri provengono fedeli i quali, mediante i voti o altri vincoli sacri riconosciuti e sanciti dalla Chiesa, sono consacrati in modo speciale a Dio, ma il loro stato non riguarda la struttura gerarchica della Chiesa ma tuttavia appartiene alla sua vita ed alla sua santità. Nella Chiesa sussiste un’ineguaglianza funzionale tra i fedeli ed una diversità per stati di vita. La prima diversità è data dalla struttura gerarchica che non è solo una forma di organizzazione del governo della società ecclesiastica ma comporta una partecipazione specifica al sacerdozio di Cristo.

Nella costituzione del Concilio Vaticano II Lumen gentium, vediamo che esiste un sacerdozio comune di tutti i fedeli ed un sacerdozio ministeriale o gerarchico. Quindi esiste una differenza nella condizione giuridica tra fedeli laici e fedeli chierici, solo a questi ultimi è dato un potere sulla Chiesa – Corpo mistico di Cristo (cioè potere di insegnare, santificare e reggere) radicato nel potere sacramentale sul corpo stesso di Cristo. Le basi della Chiesa sono state costituite dal suo Fondatore con l’istituzione del Collegio degli Apostoli, con a capo Pietro, che avevano il potere per governare il popolo di Dio; oggi questo potere è esercitato dal Collegio dei Vescovi con a capo il Pontefice.

La Chiesa, quindi, è caratterizzata da un principio gerarchico, secondo il quale vi sono funzioni e ministeri che sono esercitati in nome ed in rappresentanza di Cristo dalla gerarchia. Tutti i fedeli sono giuridicamente uguali in quanto battezzati e hanno i medesimi diritti e i medesimi doveri nella missione della Chiesa. In ragione del sacramento dell’ordine sacro, si distinguono le posizioni dei ministri sacri da un lato e dei laici dall’altro. Ad esempio, per il can. 129 solo i chierici sono abili alla potestà di governo o potestà di giurisdizione; infatti è proprio dei fedeli laici, che per vocazione e condivisione vivono nel mondo esercitando azioni mondane, cercare il Regno di Dio trattando e ordinando le cose temporali. Cioè mentre i chierici amministrano la Parola di Dio ed i sacramenti, i fedeli laici animano cristianamente le realtà temporali.

La seconda diversità è data dalla struttura carismatica e istituzionale, non assistiamo più ad una bipartizione ma ad una tripartizione: chierici, religiosi e laici. Se si guarda sotto l’ottica del carisma, cioè del dono gratuito dello Spirito, si possono distinguere i chierici, coloro che sono chiamati a svolgere il ministero sacro; i religiosi, cioè coloro che professando i consigli evangelici (povertà, castità, obbedienza) ed emettendo i voti, rinunciano spontaneamente a ciò che è buono nella condizione umana; i laici, cioè coloro che vivono da cristiani nel mondo. Quindi i religiosi sono o chierici o laici. Mentre nel can. 207 i chierici e i religiosi hanno una definizione in positivo, i laici vengono definiti in negativo, cioè la loro definizione viene ricavata individuando coloro che non sono né chierici né religiosi. Quindi il canone 207 permette la distinguibilità di forme di vita che danno luogo ad uno statuto canonico particolare.

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