Il ricorso straordinario, diretto al Presidente della Repubblica, si caratterizza per l’attuazione puntuale della garanzia del contraddittorio (es. termine ampio di centoventi giorni per la presentazione) e, soprattutto, per l’introduzione di uno specifico strumento di garanzia, rappresentato dal parere del Consiglio di Stato. A dispetto della sua astratta efficacia, tuttavia, il ricorso straordinario ha avuto un ruolo pratico molto marginale, soprattutto a causa dei ritardi dei Ministeri nell’istruzione dei ricorsi.

Il ricorso straordinario è un rimedio straordinario, essendo ammesso solo contro provvedimenti definitivi, in relazione a censure di legittimità per l’annullamento dell’atto impugnato. Essendo un rimedio generale, la sua esperibilità non è subordinata a disposizioni puntuali che la prevedano. Il codice del processo amministrativo, tuttavia, ne ha circoscritto la portata alle sole vertenze che risultano devolute al giudice amministrativo:

  • presentazione del ricorso: il termine di presentazione del ricorso è di centoventi giorni dalla comunicazione, notificazione o piena conoscenza del provvedimento definitivo. Entro tale termine il ricorso straordinario, a pena di inammissibilità, deve essere notificato almeno ad uno dei controinteressati e presentato all’autorità amministrativa che ha emanato l’atto impugnato o al Ministero competente per materia;
  • modificazione e integrazioni del ricorso: i controinteressati, entro sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono presentare deduzioni e documenti ed eventualmente un ricorso incidentale. Se il ricorso è stato notificato ad almeno uno dei controinteressati, il Ministero competente dispone l’integrazione del contraddittorio, indicando le modalità attraverso le quali il ricorrente deve portare a conoscenza degli altri controinteressati il ricorso stesso;
  • istruzione del ricorso: il Ministero competente deve quindi procedere all’istruzione del ricorso, accogliendo tutti gli elementi utili per la valutazione del ricorso. L’istruttoria deve essere completata entro centoventi giorni dal termine per le deduzioni dei controinteressati. Scaduto inutilmente tale termine, il ricorrente può procedere all’interpello del Ministero e depositare direttamente il ricorso presso il Consiglio di Stato per il parere prescritto;
  • parere del Consiglio di Stato (vincolante): il parere previsto dall’art. 11 del d.p.r. n. 1199 del 1971 viene emesso da una sezione consultiva del Consiglio di Stato, dall’adunanza generale oppure da commissioni speciali costituite ad hoc. Sulla base di tale parere il Ministero formula la sua proposta di decreto al Presidente della Repubblica.

In passato il Ministero poteva discostarsi da tale parere, non ritenuto vincolante, demandando la decisione al Consiglio dei Ministri. Questa possibilità è stata tuttavia soppressa dall’art. 69 della l. n. 69 del 2009, che ha stabilito che la proposta del Ministro deve essere conforme al parere del Consiglio di Stato , il quale, peraltro, ai fini ella decisione del ricorso, può anche sollevare questioni di legittimità costituzionale;

  • decisione del Presidente della Repubblica: la decisione del ricorso straordinario è assunta con decreto dal Capo di Stato, impugnabile per revocazione con ricorso da proporre nelle stesse forme del ricorso straordinario.

 Occorre sottolineare due aspetti che attengono alla tutela del contraddittorio nei confronti delle amministrazioni che abbiano emanato l’atto impugnato e all’operatività dell’istituto nelle materie di competenza regionale:

  • garanzia di contraddittorio: la legge assicura che a quanti ricevono un beneficio qualificato dal provvedimento debba essere notificato il ricorso. Tale garanzia riflette l’obiettivo di tutelare il diritto di difesa. La legge, tuttavia, non aveva previsto nulla per l’amministrazione che avesse emanato l’atto impugnato, evidentemente sul presupposto che l’attribuzione al Ministro del potere di decidere del ricorso assicurasse già di suo la garanzia degli interessi complessivi dell’amministrazione. La Corte costituzionale, tuttavia, ha affermato che le stesse garanzie previste per i controinteressati devono valere anche per l’amministrazione non statale che abbia assunto il provvedimento impugnato (sent. n. 148 del 1982). Se il ricorso era deciso da un organo statale non vi era la necessità di tali garanzie perché l’organo faceva capo alla medesima amministrazione cui apparteneva l’autorità che avrebbe istruito e deciso il ricorso. In ogni altro caso, al contrario, il contraddittorio era da ritenersi necessario;
  • pluralismo amministrativo: il sopracitato intervento della Corte costituzionale implicava il superamento della concezione monistica dell’amministrazione pubblica e il riconoscimento di un sistema di pluralismo amministrativo. Tale conclusione, peraltro, rimetteva in discussione anche la competenza a istruire e a decidere il ricorso straordinario quando il provvedimento impugnato fosse stato emanato da un organo regionale: se il Ministro agiva come organo statale, infatti, sembrava configurabile una lesione dell’autonomia regionale. La Corte costituzionale, tuttavia, respinse ripetutamente questa tesi (sent. n. 298 del 1986), configurando il ricorso straordinario come strumento riconducibile a una funzione non propriamente amministrativa, ma piuttosto di ordine giustiziale, condizionata dai principi sulla tutela giurisdizionale più che da quelli sull’organizzazione amministrativa.

 Il profilo principale del ricorso straordinario è costituito dalla sua alternatività con il ricorso al giudice amministrativo: non solo i due rimedi non possono essere proposti contro il medesimo atto, ma la presentazione del ricorso straordinario preclude completamente la proposizione del ricorso giurisdizionale (art. 8 co. 2 del d.p.r. n. 1199 del 1971). Tale alternatività si spiega con l’esigenza di evitare concorrenze tra Consiglio di Stato in sede consultiva e Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. L’alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale comporta l’inammissibilità del ricorso al giudice amministrativo proposto contro il medesimo atto impugnato. Tale preclusione, se non lede i diritti costituzionali del ricorrente, potrebbe ledere quelli dei controinteressati, che sarebbero assoggettati alla scelta del ricorrente. Per evitare tale conseguenza, quindi, l’art. 10 del d.p.r. n. 1199 del 1971 contempla l’istituto dell’opposizione: i controinteressati (o l’amministrazione), infatti, entro sessanta giorni dalla notificazione del ricorso straordinario, possono chiedere che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale.

Il principio dell’alternatività ha riflessi anche sull’impugnazione giurisdizionale della decisione del ricorso straordinario: l’impugnazione davanti al giudice amministrativo (TAR), infatti, è ammessa solo per vizi di forma o di procedimento. Qualora la parte non sia stata posta nelle condizioni di poter proporre opposizione, tuttavia, la regola dell’alternatività recede rispetto alla garanzia costituzionale del diritto di azione.

 Sebbene l’istituto del ricorso straordinario sembri per molti aspetti superato, il legislatore ha preferito conservarlo, seppure con modifiche sostanziali (es. parere vincolante del Consiglio di Stato). L’utilità dell’istituto non deve tuttavia essere sottovalutata. La recente attività volta ad accelerare i tempi di decisione, ad esempio, ha portato in alcuni casi alla possibilità che le decisioni del Presidente della Repubblica pervengano con maggiore sollecitudine delle decisioni di ricorso giurisdizionale. Questo non significa che la decisione del ricorso straordinaria possa essere assimilata ad una decisione giurisdizionale. La Cassazione, al riguardo, ha rilevato che le garanzie previste nel procedimento del ricorso straordinario non tolgono nulla al fratto che la decisione sia comunque solo un atto amministrativo (sent. n. 15978 del 2001).

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