In forza della legge del 1907, in sostanza, al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale era riconosciuta la competenza per la tutela di posizioni soggettive particolari, che la definiva come posizioni giuridicamente qualificate ma distinte dai diritti soggettivi, ossia gli interessi legittimi. Un sistema basato sulla distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi comportava ovviamente la necessità di identificare i caratteri delle diverse posizioni soggettive, cosa questa non sempre agevole. Un sistema di questo tipo, peraltro, comportava l’inconveniente che, qualora le due posizioni soggettive fossero tra loro correlate, diventava necessario esperire due distinti giudizi, uno davanti al giudice amministrativo a tutela degli interessi legittimi e l’altro davanti al giudice ordinario a tutela dei diritti soggettivi. La l. n. 2840 del 1923, cui fece seguito il r.d. n. 1054 del 1924, cercò quindi di porre rimedio a questi inconvenienti attraverso due importanti innovazioni:

  • al giudice amministrativo fu riconosciuta la capacità di conoscere incidentalmente le posizioni di diritto soggettivo, fatta eccezione per le questioni tassative riguardanti lo stato e la capacità delle persone e la querela di falso, riservate in maniera assoluta al giudice ordinario (cognizione incidentale dei diritti). Tale possibilità consentiva di evitare che, in un giudizio amministrativo, la necessità di esaminare una questione inerente a diritti soggettivi comportasse la sospensione del giudizio e la rimessione delle parti avanti al giudice civile;
  • in alcune materie (es. pubblico impiego) al giudice amministrativo fu attribuita la possibilità di conoscere e di giudicare in via principale anche in tema di diritti soggettivi. In tali materie, quindi, la tutela giurisdizionale non era articolata fra tutela degli interessi legittimi e tutela dei diritti soggettivi, ma era devoluta interamente al giudice amministrativo (giurisdizione esclusivadel giudice amministrativo):
    • nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva il riparto tra giurisdizione amministrativa e ordinaria seguiva il criterio della distinzione per materie;
    • nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, nelle vertenze per diritti soggettivi il giudice amministrativo disponeva degli stessi poteri di cognizione e di decisione che gli spettavano nel caso di giurisdizione sugli interessi legittimi;
    • nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva la tutela dei diritti era aggiuntiva rispetto a quella degli interessi, potendosi quindi avere non solo casi di giurisdizione esclusiva nei quali il giudice amministrativo esercitava soltanto una giurisdizione di legittimità, ma anche casi di giurisdizione esclusiva nei quali il giudice esercitava una giurisdizione anche di merito;
    • anche nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo poteva conoscere incidenter tantum delle situazioni di diritto soggettivo non inerenti alla materia devoluta alla giurisdizione esclusiva ma rilevanti per la decisione. Al giudice amministrativo, al contrario, era preclusa la cognizione (principale o incidentale) di questioni inerenti allo stato e alle capacità delle persone, o di questioni di falso;
    • al giudice ordinario, anche nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, erano riservate le questioni attinenti a diritti patrimoniali consequenziali (diritto al risarcimento) alla pronuncia di legittimità dell’atto o provvedimento contro cui si ricorre (es. danno subito per effetto di un decreto di esproprio successivamente annullato dal giudice amministrativo).

La riforma del 1923 e 1924, peraltro, con riferimento all’ordinamento del Consiglio di Stato, provvide ad eliminare la distinzione di competenza tra IV e V Sezione, la quale assunse un rilievo meramente interno. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, quindi, precedentemente utilizzata per ricondurre ad unità l’elemento giurisdizionale dell’organo, divenne soltanto la sede di risoluzione dei contrasti di giurisprudenza tra le due sezioni.

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