La partecipazione offre la possibilità ai soggetti legittimati di presentare memorie scritte e documenti nonché di prendere visione degli atti del procedimento ex art. 10 .
L’accesso ai documenti amministrativi è dunque una delle facoltà che si riassumono nell’istituto partecipativo.
L’accesso ha anche una sua autonomia rispetto al procedimento nel senso che il relativo potere può essere esercitato pure a procedimento concluso e dunque non necessariamente è preordinato alla conoscenza dei documenti amministrativi, in via strumentale rispetto alla partecipazione.
Si tratta di un istituto collegato non solo alla trasparenza procedimentale, bensì anche al principio di trasparenza inteso in senso lato.
Occorre ricordare il d.lgs. 33/2013 che ha ampliato il profilo soggettivo in tema di accesso e che disciplina l’accesso civico (che vedremo dopo).
In sostanza, si può parlare di accesso endoprocedimentale esercitato all’interno del procedimento, e di accesso esoprocedimentale relativo agli atti di un procedimento concluso.
Il diritto d’accesso è autonomo pure rispetto all’azione che il soggetto potrebbe esperire davanti ad un giudice per contestare la legittimità dell’azione amministrativa, come dimostra il fatto che la richiesta di accesso non sospende i termini per agire.
L’art. 22 , 2 co. Riconduce il diritto d’accesso ai “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” ( materia rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, 2 co lett. m Cost.) , così mirando ad estendere la disciplina a tutte le amministrazioni pubbliche. Resta comunque ferma la potestà delle regioni e degli enti locali , nell’ambito delle rispettive competenze , di garantire livelli ulteriori di tutela.
Per quanto riguarda l’accesso collegato alla partecipazione , i soggetti legittimati ad esercitare il diritto d’accesso sono tutti quelli che abbiano titolo a partecipare al procedimento. In tal senso le situazioni giuridiche legittimanti all’accesso ai fini partecipativi non sono soltanto gli interessi legittimi ma anche i meri interessi procedimentali. Negli altri casi l’art. 22 l. 241/90 indica quali soggetti legittimati “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale , corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.”
Ai sensi dell’art. 24 non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni.
Altro è la situazione di base e cioè la situazione legittimante l’accesso, altro è la qualificazione del c.d. “diritto”di accesso che può essere esercitato in quanto si sia appunto titolari della situazione legittimante. La natura della pretesa a prendere visione dei documenti e ad estrarre copia (definizione del diritto d’accesso) non va confusa con la situazione sottostante che deve sussistere affinchè quella pretesa possa essere esercitata.
L’art. 10, t.u.e.l. che si occupa dell’accesso ai documenti degli enti locali, stabilisce che legittimati all’accesso sono tutti i cittadini, singoli o associati, e prevede l’obbligo per gli enti locali di dettare norme regolamentari per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull’ordine di esame delle domande , progetti e provvedimenti che li riguardino; il regolamento deve altresì assicurare “il diritto dei cittadini di accedere alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione”.
Il diritto d’accesso si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni , delle aziende autonome e speciali , degli enti pubblici e dei gestori dei pubblici servizi, nonchè dei privati limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. Il diritto d’accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.
Sotto il profilo oggettivo il diritto d’accesso riguarda i documenti amministrativi di cui all’art. 22 l. 241/90 fornisce una definizione assai ampia : è considerata tale “ ogni rappresentazione grafica, foto cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse , indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. Non solo atti scritti su supporto cartaceo , nè soltanto i provvedimenti finali , nè unicamente gli atti amministrativi.
La richiesta di accesso rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente, deve essere motivata , indicare gli estremi del documento ovvero gli elementi che ne consentono l’individuazione e far constatare l’identità del richiedente. Essa dovrà poi giustificare la necessarietà del dato quando la sua conoscenza sia strumentale alla difesa dei propri interessi giuridici o la sua indispensabilità nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari. Il diritto è esercitabile fino a quando la p.a. ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere. L’art. 41 , 2 co. D.lgs. 82/05 poi ha stabilito che l’accesso partecipativo può avvenire anche “in via telematica”.
Accanto all’accesso informale, esercitato mediante richiesta, anche verbale, all’ufficio dell’amministrazione centrale o periferica, competente a detenere il provvedimento, vi è l’accesso formale che avviene con atto scritto e può essere prescelta dal richiedente ovvero imposta dall’amministrazione qualora non sia possibile l’accoglimento immediato della richiesta in via informale,ovvero sorgano dubbi sulla identità del richiedente, sui suoi poteri rappresentativi, ecc.
A seguito della domanda di accesso l’amministrazione può: invitare il richiedente a presentare istanza formale, rifiutare l’accesso, differirlo o limitare la sua portata , accogliere l’istanza. Si osservi che mentre il rifiuto, il differimento e la limitazione all’accesso debbono essere motivati, la legge non stabilisce nulla in ordine all’accoglimento. Con riferimento all’ipotesi in cui l’amministrazione non si pronunci sulla richiesta di accesso l’art. 25 , c. 4 l. 241/90 dispone che trascorsi inutilmente 30 gg. dalla richiesta questa si intende respinta.
In caso di accoglimento il diritto di accesso si esercita mediante esame gratuito ed estrazione di copia del documento. L’esame è effettuato dal richiedente o da persona da lui incaricata con l’eventuale accompagnamento di altra persona di cui vanno specificate le generalità. L’esame dei documenti avviene presso l’ufficio indicato nell’atto di accoglimento della richiesta.
Non tutti i documenti sono suscettibili di essere conosciuti dai cittadini. L’art. 24 ,l. 241/90 prevede che il diritto non possa essere esercitato nei casi di documenti coperti da segreto di Stato , di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dall’ordinamento, nei procedimenti tributari , per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; nei confronti dell’attività della p.a. diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.
Spetta comunque alle singole pubbliche amministrazioni individuare le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso. L’art. 24 , c. 6 rinvia ad un regolamento governativo di delegificazione per l’individuazione dei casi di esclusione dell’accesso per esigenze di tutela della sicurezza, della difesa nazionale, della politica monetaria e valutaria, dell’ordine pubblico; quando i documenti riguardano la contrattazione collettiva nazionale di lavoro, oppure la vita privata o la riservatezza di persone fisiche e giuridiche.
La l. 241/90 distingue tra interessati (soggetti privati che abbiano un interesse diretto concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso) e controinteressati ( soggetti individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza).
Per riservatezza si intende quel complesso di dati, notizie e fatti che riguardano la sfera privata della persona e la sua intimità.
La l. 241/90 rinvia alla disciplina del d.lgs. 196/03 , c.d. “codice in materia di protezione dei dati personali”che ha riorganizzato e innovato la normativa in materia di tutela dei dati personali .
Il codice assicura all’interessato modalità di comunicazione di tute le informazioni che lo riguardano detenute da un ente pubblico che ne consentano la piena e agevole acquisizione; un vero e proprio diritto di accesso regolato al di fuori della l. 241/90.
Gli artt. 9 e 10 del codice disciplinano le modalità di esercizio di questa tipologia del diritto d’accesso che si segnalano per la loro estrema informalità e per la semplificazione nelle forme della comunicazione.
Il diritto d’accesso diretto a ottenere la comunicazione in forma intellegibile dei propri dati personali non può invece essere utilizzato allorchè l’esibizione documentale comporti anche la conoscenza di dati personali dei soggetti terzi rispetto al richiedente. L’art. 10, c.5 del codice della privacy esclude che questo accesso possa riguardare dati personali relativi a terzi , “salvo che la scomposizione dei dati trattati o la privazione di alcuni elementi renda incomprensibili i dati personali relativi all’interessato”.
L’art. 19 del codice afferma che la comunicazione e la diffusione di dati personali da parte di amministrazioni a soggetti pubblici o privati “sono ammesse unicamente quando sono previste da una norma di legge o di regolamento”, identificabili nella l. 241/90 , nelle leggi eventualmente in materia adottate dalle regioni e nei regolamenti attuativi di cui si sono dotati i diversi enti pubblici.
La disciplina dell’accesso in tali casi è nuovamente costitutita dalla l. 241/90.
L’art. 59 della codice della privacy precisa che “i presupposti , le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto d’accesso ai documenti amministrativi contenenti i dati personali e la relativa tutela giurisdizionale restano disciplinati dalla l. 241/90 e succ. modif. e integ. E dalle altre disposizioni di legge in materia, nonchè dai relativi documenti di attuazione anche per ciò che concerne i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso e considera di “rilevante interesse pubblico”le attività finalizzate all’applicazione di tale disciplina.
Per quanto concerne i rapporti tra diritto d’accesso e riservatezza il problema sorge in quanto le amministrazioni che debbono rispondere ad una istanza d’accesso si trovano normalmente a dover prendere in considerazione le esigenze di tutela dei terzi. La legge non prevede espressamente alcuna partecipazione del controinteressato al procedimento che si instaura al momento della presentazione dell’istanza di accesso ai documenti amministrativi .
In ogni caso è molto importante la disciplina posta dalla l. 241/90 posto che quando l’accesso ai documenti la cui conoscenza potrebbe configgere con le esigenze della riservatezza di dati personali di soggetti terzi, il codice della privacy fa espressamente rinvio ai principi e alle regole contenuti in tale legge ( art. 59 cit. ) che in sostanza richiede all’amministrazione di effettuare una ponderazione di interessi contrapposti ( trasparenza e riservatezza).
La l. 241/90 dispone al riguardo che deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, spettando dunque all’amministrazione la relativa valutazione. Si ricorda che l’art. 24 rinvia ad un regolamento governativo per la individuazione tra gli altri, dei documenti sottratti all’accesso in quanto riguardanti la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, intese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, di cui siano in concreto titolari, allorchè i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”.
L’art. 24, 7 c. l. 241/90 prevede poi che, in caso di documenti contenenti dati sensibili ( idonei a rivelare l’origine razziale, etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, nonché lo stato di salute, politico o sindacale) e giudiziari ( es. qualità di imputato o di indagato ), l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile.
L’art. 59 codice della privacy rinvia alla l. 241/90 anche per ciò che concerne l’accesso a documenti contenenti dati sensibili e giudiziari : l’amministrazione cui è rimesso il giudizio sull’indispensabilità , deve dunque in tal caso applicare l’art. 24, c. 7 l. 241/90. Ove poi si tratti di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale l’accesso è consentito soltanto nei termini previsti dall’art. 60 del d.lgs. 196/03 ( art. 24, 7 c.): il trattamento dei c.d. dati “supersensibili”è dunque consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato , ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile. Spetterà ancora all’amministrazione decidere in ordine al conflitto tra trasparenza e riservatezza.
Assolutamente escluso è l’accesso ai documenti concernenti “procedimenti selettivi ….contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi”.
La disciplina del diritto d’accesso è contemplata dalla previsione di particolari forme di tutela. La l. 241/90 assegna al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, la tutela giurisdizionale “contro le determinazioni concernenti il diritto d’accesso” e nei casi di rifiuto , espresso o tacito, o di differimento. La legge prevede un processo abbreviato e l’art. 21 l. tar e 25 della l. 241/90 dispongono che l’azione può essere proposta in pendenza di un ricorso. Tale tutela si estende anche ai casi di accesso disciplinati da norme diverse da quelle poste dalla legge sul procedimento.
L’art. 25 , c. 4 l. 241/90 con specifico riferimento ai casi di rifiuto , espresso o tacito, e di differimento, consente altresì al richiedente di chiedere di riesaminare la determinazione negativa nel termine di 30 gg. al difensore civico ( se agisce contro enti locali o regionali) o alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi di cui all’art. 27 ( se agisce contro le amministrazioni statali). Scaduto infruttuosamente tale termine il ricorso si intende respinto. Ove invece tali organi ritengano illegittimo il diniego o il differimento , ne informano il richiedente e lo comunicano all’autorità disponente e, ove questa non emani il “provvedimento confermativo motivato”entro 30 gg. dal ricevimento della comunicazione, l’accesso è consentito. L’inerzia che, se relativa alla richiesta di accesso iniziale equivale a diniego, ha dunque il significato di assenso. Nell’ipotesi in cui si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il richiedente potrà adire il giudice amministrativo entro 30 gg. dal ricevimento dell’esito dell’istanza. La legge vuole dunque favorire l’impiego di questo strumento di tutela non giurisdizionale assicurando il privato che il suo impiego non preclude l’azione davanti al G.A.
Il codice della privacy affida invece la tutela del diritto d’accesso volto ad ottenere la comunicazione in forma intelligibile dei propri dati personali al Garante del trattamento dei dati personali o al giudice ordinario ( art. 145 del codice). Il Giudice ordinario dispone di pieni poteri di cognizione e di condanna, anche al risarcimento del danno.
La l. 241/90 istituisce presso la presidenza del Consiglio una Commissione per l’accesso ai documenti, nominata con D.P.R. , su proposta del Presidente del Consiglio di ministri, sentito il Consiglio dei ministri e presieduta dal sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio.
La Commissione vigila affinchè venga attuato il principio di piena conoscibilità dell’azione amministrativa, redige una relazione annuale sulla trasparenza dell’amministrazione e propone al Governo le modificazioni normative necessarie per realizzare la garanzia del diritto d’accesso.