Per realizzare i propri fini, l’amministrazione si avvale di un insieme di strutture e mezzi personali e reali, e di una attività organizzazione che deve svolgersi nel rispetto della Costituzione.
La legge costituisce la fonte primaria di disciplina della materia organizzativa che deve rispettare i principi di imparzialità e buon andamento.
Un riconoscimento espresso di potestà di organizzazione in capo all’amministrazione è per es. operato dall’art. 17, lett. d) della l. 400/88 che disciplina la figura dei regolamenti governativi disciplinanti appunto l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni di legge, così come l’art. 17, co. 4 bis l. 400/88 stabilisce che l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei ministeri sono determinati con regolamento governativo ( c.d. di delegificazione) emanato su proposta del ministro competente, d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il ministro del tesoro.
L’art. 97 cost. si riferisce all’amministrazione statale, mentre l’art. 117, co. 6 Cost. prevede che comuni, province e città metropolitane abbiano “ potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento di funzioni loro attribuite”.
Qui si assiste ad un riconoscimento costituzionale in materia di organizzazione.
Accanto alle norme giuridiche di organizzazione debbono poi essere ricordati gli atti di organizzazione non aventi carattere normativo, quali gli atti di istituzione di enti, di organi e uffici. Il potere di organizzazione è oggi espressamente disciplinato agli artt. 2 e 5 del D. lgs. 165/01.
L’attività di organizzazione si svolge dunque su molteplici livelli: la legge, gli atti amministrativi di organizzazione e le concrete determinazioni assunte dalla singole amministrazioni nel rispetto delle leggi e degli atti organizzativi.
L’organo
Problema essenziale delle organizzazioni è quello della riferibilità ad esse di situazioni giuridiche e di rapporti giuridici.
Attraverso l’organo la persona giuridica agisce e l’azione svolta dall’organo si considera posta in essere dall’ente per il criterio dell’immedesimazione organica.
Siffatto modello si è imposto nell’analisi dell’organizzazione degli enti pubblici perché consente l’imputazione non soltanto degli effetti ma anche dell’attività.
La capacità giuridica spetta all’ente, che è il centro di imputazione degli effetti e fattispecie, mentre la capacità d’agire viene riferita all’organo.
Preposto all’organo sarà la persona fisica o il collegio, investito della competenza attribuita dall’ordinamento, che materialmente pone in essere l’attività.
L’organo è dunque uno strumento d’imputazione e cioè l’elemento dell’ente che consente di riferire all’ente stesso atti e attività.
Per es. il contratto stipulato dal dirigente comunale (ORGANO) si considera concluso dal comune (ENTE) .
Posto che i poteri vengono attribuiti soltanto all’ente avente la soggettività giuridica, e che esso si avvale di più organi, ognuno di essi esercita una parte di questi poteri detta competenza (sfera di attribuzioni). Questa è ripartita secondo svariati criteri: per materia, valore, per grado o per territorio.
Dalla competenza si distingue l’attribuzione, che invece indica la sfera di potere che l’ordinamento generale conferisce ad ogni ente pubblico.
L’imputazione di fattispecie in capo agli enti da parte di soggetti estranei alla loro organizzazione
In alcuni casi il fenomeno dell’imputazione di fattispecie all’ente avviene secondo un meccanismo diverso da quello sopra descritto, provenendo da un soggetto estraneo all’organizzazione amministrativa a favore della quale l’imputazione si realizza.
Molteplici sono le ipotesi nelle quali le attività pubbliche vengono esercitate da soggetti privati: es. notai e avvocati che autenticano le firme, concessionari che eroghino servizi pubblici ecc…
Il privato può agire direttamente in base alla legge ovvero in forza di un atto della P.a., ricevendo un compenso da parte dell’ente pubblico e l’attività si configura nei confronti dei terzi come pubblicistica, alla stregua di quella che avrebbe posto in essere l’ente pubblico sostituito.
Trova applicazione l’art. 1 ter l. 241/90, secondo cui i privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al 1 comma.