Prima della riforma del 1993 per i dipendenti degli enti pubblici erano previste due diverse discipline: i dipendenti degli enti pubblici economici erano soggetti ad un rapporto di lavoro di diritto privato (competenza del giudice civile), mentre i dipendenti degli altri enti pubblici erano soggetti ad un rapporto pubblicistico, il rapporto di pubblico impiego (competenza del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva). Il d.lgs. n. 29 del 1993 ha introdotto una riforma generale del pubblico impiego, ispirata all’obiettivo della privatizzazione (contrattualizzazione) del rapporto di pubblico impiego. In base alle nuove disposizioni i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici sono ora regolati dal codice civile sul rapporto di lavoro dipendente e subordinato. La disciplina non è corrispondente in tutto a quella privatistica, ma le disposizioni speciali eventualmente previste comportano soltanto deroghe.

Restano comunque alcune categorie regolate dai principi sul rapporto di pubblico impiego (es. magistrati, forze di polizia, professori universitari). Si delinea pertanto un netta distinzione:

  • per il personale con rapporto contrattuale, la tutela giurisdizionale è di competenza del giudice ordinario, secondo la disciplina del codice di procedura civile;
  • per il personale con rapporto di pubblico impiego, le vertenze spettano sempre al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva.

La tutela giurisdizionale per il personale con rapporto contrattuale presenta caratteri peculiari:

  • per le vertenze di lavoro la competenza territoriale spetta al Tribunale civile nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale è addetto il dipendente (non si applica la disciplina del foto erariale);
  • nelle controversie di lavoro con le pubbliche amministrazioni i poteri del giudice ordinario sono massimali, potendo questi adottare qualsiasi ordine di pronuncia (accertamento, costituzione o condanna) richiesta dalla natura dei diritti tutelati. Dal momento che il rapporto di lavoro è privatizzato, le parti sono titolari reciprocamente di diritti e di obblighi, motivo per cui anche gli atti unilaterali dell’amministrazione (es. nomina, licenziamento) sono atti di diritto privato e non atti amministrativi.

La distinzione tra atti amministrativi e atti di diritto comune si riflette puntualmente sui poteri del giudice ordinario, che sui secondi può incidere direttamente, mentre sui primi può soltanto operare attraverso la disapplicazione. Fra tali atti amministrativi, nel caso dello Stato e degli enti pubblici istituzionali, vi sono gli atti di organizzazione previsti dall’art. 2 co. 1 del d.lgs. n. 165 del 2001 (es. organizzazione degli uffici, determinazione delle dotazioni organiche complessive). Atti amministrativi di questo tipo possono avere un’incidenza solo indiretta sul rapporto di lavoro privatizzato: costituito il rapporto di diritto privato, infatti, anche gli atti dell’amministrazione sono di diritto privato. Al contrario, quando gli atti amministrativi di organizzazione abbiano un’incidenza sul rapporto di lavoro, il giudice ordinario può procedere alla loro disapplicazione (art. 5 della l. n. 2248 del 1865).

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