Gli apparati mediante i quali si esercitano le funzioni di regolazione, considerati sotto il profilo dei rapporti tra politica e amministrazione, sono riconducibili a due modelli dominanti:
- quello ministeriale (politico-burocratico), ossia dei ministeri e degli analoghi apparati delle amministrazioni delle Regioni e degli enti locali minori;
- quello delle amministrazioni indipendenti (tecnocratico), nel quale gli organismi sono competenti per regolazioni che richiedono la risoluzione di problemi tecnico-economici particolarmente complessi
 Secondo la legge che l’ha disposta, la disciplina sopra descritta doveva applicarsi a tutte le amministrazioni pubbliche (art. 1 TULPA). Venivano tuttavia prese in considerazione le peculiarità di alcune amministrazioni:
- le amministrazioni i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza pubblica (es. Università ), che erano tenute ad adeguare i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo politico e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro ;
- le autonomie locali e le autonomie delle Regioni e delle Province autonome:
- quanto alle Regioni a statuto ordinario, era stabilito che le disposizioni in parola (TULPA) costituivano principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 Cost. , ai quali ci si doveva attenere tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti;
- quanto alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano, le disposizioni in parola venivano definite norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica .
Secondo il testo dell’art. 117 co. 1 Cost., l’ordinamento degli uffici era una materia sulla quale le Regioni a statuto ordinario potevano esercitare una potestà legislativa nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato .
Attualmente, invece, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione (l. cost. n. 3 del 2001), soltanto la materia ordinamento ed organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali appartiene alla potestà legislativa dello Stato. L’ordinamento degli uffici, al contrario, non ricade più nell’ambito della legislazione concorrente delle Regioni, le quali possono esercitare in materia una piena potestà statutaria e una potestà legislativa residuale.
 Quanto all’organizzazione degli enti locali, la l. n. 142 del 1990 aveva già sostanzialmente anticipato la distribuzione di competenze tra organi di governo e organi burocratici. Le successive riforme, quindi, hanno semplicemente rafforzato l’uniformità della disciplina concreta a quella statale. Nei Comuni, ad esempio, viene prevista la figura del direttore generale, analoga a quella dei dirigenti generali.
Anche in questo caso, comunque, occorre tener presente il nuovo testo costituzionale (riforma del Titolo V), il quale:
- riserva alla legislazione esclusiva dello Stato soltanto la materia degli organi di governo e delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane (art. 117 co. 2);
- conferma e sottolinea l’autonomia degli enti locali. Ad essi, in particolare, viene attribuita la potestà statutaria secondo i principi fissati dalla Costituzione (art. 114 co. 2).