L’amministrazione è tenuta sostanzialmente ad eseguire il contratto secondo buona fede, come previsto nell’art. 1375 c.c., per cui deve assicurare la buona esecuzione delle forniture o dei lavori e vigilare per l’esatto adempimento del contratto, come recitano le norme del regio decreto n. 827/1924.
La fase di esecuzione del contratto è essenzialmente assoggettata alle regole generali del diritto privato. Tuttavia, la normativa amministrativistica contiene la disciplina di alcuni poteri di intervento unilaterale delle pubbliche amministrazioni, espressione del potere di autotutela, i cui atti, peraltro, rimanendo in un’orbita privatistica, devono essere valutati dal giudice ordinario entro i limiti interni della sua giurisdizione.
Ciò non esclude, però, che tali atti – che si ripercuotono, anche con effetto risolutivo, sull’esecuzione del contratto – vengano sindacati alla luce dei principi che regolano l’esercizio dei poteri mediante procedimenti pubblicistici, in particolare per quanto riguarda il rispetto dei presupposti per il loro svolgimento e dell’assolvimento dell’obbligo di congrua motivazione.
La specificitĂ di alcune norme di diritto pubblico
Considerato che non esiste alcun potere di modificare i termini, i poteri tipizzati disciplinati dalle norme (artt. 118-140, decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999, che si integrano a quelli previsti dagli allegati E ed F, legge n. 2248/1865) sono in particolare:
a) il potere (generale) dell’amministrazione di sostituirsi alla controparte nell’esecuzione del contratto ”dichiarando l’urgenza con decreto motivato e senza pregiudizio dei diritti delle parti”;
b) il potere dell’amministrazione di disporre, in via d’urgenza, l’anticipata esecuzione del contratto di appalto di lavori, prima della sua approvazione e dopo l’aggiudicazione definitiva;
c) il potere dell’amministrazione di risoluzione del contratto per reati accertati, ovvero per grave inadempimento, grave irregolaritĂ e grave ritardo;
d) il potere dell’amministrazione di ”recedere in qualunque tempo dal contratto, previo il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell’importo delle opere non eseguite”;
e) il potere dell’amministrazione di sospensione dei lavori, ”quando circostanze speciali impediscano in via temporanea che i lavori procedano a regola d’arte”.
Per quanto concerne la revisione del prezzo, ai lavori pubblici, affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatoli o realizzatori, (vige il principio della invariabilitĂ del prezzo) si applica il prezzo chiuso, eventualmente maggiorato di una percentuale che tenga conto degli andamenti inflazionistici (“secondo le modalitĂ fissate dall’art. 26, legge n. 109/1994″).
Lo ius variandi delle modalitĂ qualitative di realizzazione delle prestazioni contrattuali, riconosciuto in linea generale all’amministrazione appaltante durante l’esecuzione del contratto medesimo dall’art. 11, regio decreto n. 2440/1923, sembra corrispondere all’analogo diritto potestativo che al committente viene attribuito dall’art. 1661 c.c. L’unica differenza risiede nella misura della variazione posta a carico dell’appaltatore (il quinto del prezzo d’appalto nella legge di contabilitĂ , il sesto nel codice civile), mentre identica permane la natura del compenso supplementare, come corrispettivo contrattuale.
Medesimo discorso può essere fatto per il potere dell’amministrazione di risolvere il contratto, quando si manifestino errori od omissioni del progetto esecutivo che pregiudichino in tutto o in parte la realizzazione dell’opera o la sua utilizzazione.
La procedura di collaudo, momento terminale della complessa vicenda contrattuale, presenta diverse funzioni:
a) la verifica, da parte del committente, di conformitĂ dell’opera alle regole dell’arte e agli accordi risultanti dal contratto originario e dalle sue eventuali varianti e, conseguentemente, anche la comunicazione del risultato di tale verifica.
b) la risoluzione delle questioni tecnico-patrimoniali (che la relativa disciplina prevede possano rimanere in sospeso).
c) la liquidazione del corrispettivo spettante all’appaltatore come accettazione definitiva dell’opera. Perciò l’atto di collaudo è inteso dalla giurisprudenza come atto necessario per la regolare conclusione della vicenda contrattuale
L’applicabilitĂ di alcune norme di diritto privato
Fino ai primi anni Ottanta dello scorso secolo la giurisprudenza dominante ha ritenuto non applicabili le norme sulle clausole vessatorie agli enti pubblici. Successivamente, però, muovendo dall’autonomia negoziale dell’amministrazione, si è imposto l’orientamento per cui la specifica approvazione per iscritto di clausola limitativa di responsabilitĂ o di altre clausole onerose predisposte unilateralmente da una parte per una serie indefinita di futuri contratti si estende anche al caso in cui il soggetto predisponente sia la pubblica amministrazione. Sulla medesima linea, anche la normativa di recepimento della direttiva comunitaria, circa la tutela del consumatore nei rapporti contrattuali, ha previsto una identica disciplina per i soggetti pubblici e privati
In un primo momento, la giurisprudenza sull’adempimento delle obbligazioni pecuniarie, derivanti da contratto stipulato da una pubblica amministrazione, aveva disposto la non applicabilitĂ delle norme privatistiche in tema di termini per l’adempimento e, in specie, di mora del debitore (ante 1219-1224 c.c.) e di maturazione degli interessi corrispettivi (art. 1282 c.c.), in ragione del principio di specialitĂ del regime delle procedure contabili obbligatorie per il soggetto pubblico.
In seguito, invece, si è consolidato l’orientamento opposto. Si ritiene prevalente il principio civilistico su quello contabile e, di conseguenza, si fissa l’obbligo per l’amministrazione pubblica di conformarsi alle regole di comportamento corretto e diligente, restando a tal fine irrilevante ogni circostanza attinente alle procedure ed ai tempi necessari a che l’amministrazione medesima possa emettere mandato di pagamento