Fino al 2005 la tutela cautelare è sempre stata individuata nella sospensione del provvedimento impugnato. Con la legge 205 del 2000 il legislatore ha introdotto maggiori forme di tutela cautelare più adeguate alle differenti situazioni del processo amministrativo. L’art.39 del T.U. Cons. di Stato stabilisce che “i ricorsi in via contenziosa non hanno effetto sospensivo” ma “per gravi ragioni” e su richiesta del ricorrente” può essere disposta la sospensione del provvedimento che si assume lesivo di una situazione giuridica soggettiva.

Allo stesso modo, anche l’art. 21 della legge Tar, come modificato dalla riforma del 2000. È nel 2000 che la tutela cautelare subisce grandi modifiche: l’art. 3 della legge 205/2000, ha aggiunto all’unica misura cautelare prevista e cioè la sospensione, altre ipotesi attraverso cui attuare la tutela cautelare. Mentre prima non vi era nessuno spazio per una tutela cautelare che non fosse tipica, l’art. 3 ha avuto il compito di introdurre le “misure cautelari atipiche”: come si legge dallo stesso articolo, il soggetto potrà quindi chiedere “l’emanazione di misure cautelari (…) che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso”.

In base ai principi generali la concessione della misura cautelare da parte del giudice presuppone l’accertamento di due requisiti :

– fumus boni iuris. Consiste in una valutazione sommaria sul merito della pretesa fatta valere dal cittadino con l’impugnazione in cui il giudice realizza una “ragionevole previsione sull’esito del ricorso ” in cui si ad

un sommario esame emerga una ragionevole probabilità sul buon esito del ricorso.
– periculum in mora. Si identifica con la probabilità di “danni gravi e irreparabili” derivanti dal provvedimento impugnato; tali danni devono essere specificatamente allegati dal ricorrente nell’istanza di sospensione e perciò il giudice non può d’ufficio ipotizzarne l’esistenza né introdurli nel processo. Prima della decisione del ricorso, il ricorrente che ne abbia interesse al fine di non pregiudicare la sua situazione fa istanza cautelare. La misura cautelare eventualmente concessa, avrà effetto fino alla pronuncia della sentenza di merito: è questo l’effetto interinale della misura cautelare.

L’istanza può essere proposta in via ordinaria o in via urgente.

Nel primo caso, una volta ricevuta l’istanza cautelare e trascorsi almeno dieci giorni dalla notifica della domanda, la stessa viene discussa in Camera di Consiglio, a cui possono partecipare i difensori delle parti. Al termine di questo procedimento, il collegio provvederà quindi con una ordinanza motivata, a norma dell’art. 21, co. 8, legge Tar.

Nel secondo caso, (art. 21, co.9, legge Tar) caratterizzato dalla “estrema gravità ed urgenza” delle situazione ” tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio.

Il decreto è efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l’istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile”. In questo caso la situazione di estrema gravità è tale che il Presidente emetta un decreto senza il rispetto del contraddittorio. In Camera di Consiglio, il collegio deciderà poi se confermare o meno il decreto presidenziale con l’ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio.

In ogni caso, nel processo amministrativo la tutela cautelare è sempre un incidente processuale nell’ambito della proposizione del ricorso principale. Essa può essere proposta o nello stesso ricorso o con atto separato da notificare alle parti del giudizio, ma sempre nell’ambito del ricorso principale, a differenza di quanto avviene nel processo civile (per esempio, art.700 del codice di rito).

Solo recentemente, sulla spinta della giurisprudenza della Corte di giustizia europea (nonostante la Corte Costituzionale nel 2002 fosse intervenuta a dichiarare costituzionalmente legittima la mancanza di una tutela cautelare ante causam) è stata introdotta una tutela cautelare “indipendente”, con il d.lgs. 12 aprile 2006, il cd. codice dei contratti pubblici. L’ordinanza cautelare a contenuto decisorio è impugnabile al Consiglio di Stato, entro 60 giorni dalla notifica della misura o entro 120 dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della stessa presso la segreteria del Tribunale, a norma dell’art. 28 della legge Tar (prima non era ammesso l’appello contro l’ordinanza cautelare).

È inoltre possibile, su istanza di parte, chiedere la revoca dell’ordinanza ma solo per sopravvenienza di motivi nuovi come il mutamento della situazione di fatto e il mutamento della situazione di diritto. Nel caso in cui l’amministrazione non ottemperi a quanto stabilito nell’ordinanza, la parte interessata può adire il giudice e richiedere l’adozione di misure attuative >(art.21, co. 14, legge Tar, come modificato dall’art.3 legge 205/2000).

In conclusione il giudice sospende o l’efficacia o la sospensione dell’atto, ma non sospende l’atto amministrativo.

 

Lascia un commento