Il Consiglio di Stato ha assunto storicamente un orientamento riluttante nei confronti della nullità. Questo perché la nullità comporta l’inefficacia radicale di un atto: il che, secondo la giurisprudenza amministrativa, non si addice alle caratteristiche delle amministrazioni; l’attività amministrativa è infatti finalizzata al perseguimento del pubblico interesse, dunque è bene, secondo tale orientamento, che eventuali patologie non vanifichino del tutto l’efficacia dell’agire amministrativo.

D’altro lato, parte della dottrina ha riportato il discorso sul piano della teoria generale degli atti giuridici: essendo il provvedimento amministrativo una categoria costruita in parte dal diritto privato, si è ammessa la nullità, con conseguente inidoneità a produrre effetti.

La giurisprudenza ha avuto una svolta importante nel 1949 quando la Suprema Corte di Cassazione ha introdotto la categoria della carenza di potere.

Si tratta di casi in cui il potere amministrativa manca del tutto, a differenza delle ipotesi nelle quali il potere esiste ma è mal esercitato, ipotesi che ricorrono quando si è in presenza di uno dei tre vizi di legittimità (incompetenza, violazione di legge o eccesso di potere).

Se il potere non esiste, il provvedimento è nullo ab initio e non spiega effetti, lasciando inalterata la sfera giuridica del destinatario.

Ne consegue che, di regola, il giudice competente a conoscere dei casi di carenza di potere è il giudice ordinario. E’ una questione comunque dibattuta. Se si ritiene che il criterio di individuazione della giurisdizione del giudice amministrativo consista nell’esercizio del potere amministrativo, così come disposto dall’art.7 del codice del processo amministrativo, la competenza è del giudice ordinario, perché nei casi di nullità il potere manca: è questa la teoria maggiormente considerata.

Se invece si sceglie di dar rilievo alle situazioni giuridiche soggettive, il giudice amministrativo sarebbe competente nei casi in cui la situazione del privato non sia qualificabile come diritto soggettivo ma come interesse legittimo.

Ad ogni modo la competenza del giudice amministrativo è prevista per i casi di provvedimenti adottati in violazione od elusione del giudicato.

In particolare, la Cassazione ha sostenuto che la carenza di potere vi fosse innanzitutto nei casi di difetto di attribuzione, cioè in quelle ipotesi in cui non vi è semplice incompetenza ma mancanza dell’attribuzione, cioè dell’affidamento per legge ad una pubblica amministrazione della cura di una serie di interessi pubblici: si pensi al caso in cui un provvedimento non rientra fra i poteri spettanti ad una pubblica amministrazione.

La Cassazione ha comunque ricondotto alla carenza di potere altre ipotesi caratterizzate dalla mancanza di un presupposto essenziale per l’emanazione di un provvedimento.

Ciò ha trovato fondamento normativo esplicito con l’art.21 septies della legge 241 che stabilisce che vi è nullità del provvedimento amministrativo se mancano gli elementi essenziali, se vi è difetto assoluto di attribuzione o se il provvedimento medesimo è adottato in violazione od elusione del giudicato.

 

In definitiva sono casi di nullità:

  • Mancanza di elementi essenziali. In assenza di previsioni normative esplicite, si considerano elementi essenziali del provvedimento la forma scritta, l’indicazione dell’oggetto, del destinatario e dell’amministrazione provvedente.
  • Difetto assoluto di attribuzione. Viene sostanzialmente a coincidere con la carenza di potere. Si tratta ad esempio di casi in cui è stato adottato un atto che esula dall’attribuzione della branca di amministrazione che ha provveduto. Nei casi di carenza di potere in concreto, cioè di incompetenza, si prevede come abbiamo già detto per l’annullabilità.
  • Violazione od elusione del giudicato. Sussiste quando un provvedimento amministrativo non si conforma ad una sentenza passata in giudicato. E’ rilevante per le conseguenze in termini di competenza giurisdizionale, perché la competenza diviene esclusiva del giudice amministrativo.
  • Altri casi espressamente previsti dalla legge. Si pensi, per esempio, ai casi di assunzione all’impiego pubblico in assenza di concorso oppure agli accordi procedimentali non stipulati in forma scritta.