Anche nello Stato di diritto, in cui la legge stabilisce parametri di legalità cui devono conformarsi i provvedimenti amministrativi affinché essi siano legittimi, tuttavia, è presente una potestà regolamentare delle amministrazioni pubbliche; da qui si pone il problema di conciliare la discrezionalità delle amministrazioni pubbliche con la legge, cioè con la fonte superiore da cui il potere regolamentare trae la sua legittimazione positiva. Tale questione richiede particolare attenzione da parte della dottrina tedesca. In particolare occorre muovere dall’elaborazione che tale dottrina opera dei concetti di “clausole generali” e “norma in bianco”. In qualche misura la clausola generale può essere equiparata ai principi fondamentali dell’ordinamento che possono essere assunti come parametro di interpretazione della legge (si pensi alla buona fede cui fa riferimento la normativa civilistica); mentre la norma in bianco rappresenta l’eutanasia della legge, caratterizzandosi per l’assenza di un autentico profilo recettivo (essa infatti rinvia ad altro potere e ad altra fonte). Ora, quanto più una norma in bianco o una clausola generale appaiono generiche e/o indeterminate, tanto più assume consistenza e si dilata il potere discrezionale delle pubbliche amministrazioni. Il concetto stesso di discrezionalità identifica e riassume l’idea di amministrazione pubblica, anche se non è possibile affermare che laddove non si venga a potere discrezionale non vi sia spazio per le amministrazioni pubbliche. Infatti, nonostante l’antagonismo concettuale strapotere vincolato il potere discrezionale, l’autonomia della pubblica amministrazione non cessa per il solo fatto di esplicarsi in un ambiente istituzionale in cui siano presenti elementi di economia capaci di condizionarla. Basti pensare che la stessa discrezionalità è condizionata dai criteri di proporzionalità e dal principio di ragionevolezza che pongono un autolimite all’azione amministrativa, la quale non può mai comunque spingersi oltre la soglia del “mezzo minimo” che comporta il raggiungimento del più elevato soddisfacimento dell’interesse pubblico col minor sacrificio possibile delle posizioni dei privati (Romagnosi).

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