L’esercizio delle funzioni di regolazione e l’uso di poteri autoritari da parte delle amministrazioni pubbliche non appaiono idonei di per sé alla cura di alcuni interessi che le persone non sono in grado di soddisfare individualmente, ma che gli apparati politici riconoscono come meritevoli di soddisfazione. Per il raggiungimento di tali risultati è anche necessario che le persone possano trarre beneficio dall’uso di cose che non posseggono e possano fruire di attività materiali di loro utilità la cui prestazione non potrebbero autonomamente procurarsi.

I pubblici poteri, quindi, oltre che regolare esercitando l’autorità, hanno da sempre assicurato delle prestazioni, rendendo possibile alla generalità dei consociati l’utilizzazione di alcuni beni e servizi, ai quali, di conseguenza, è stata associata l’idea di una loro naturale “pubblicità”.

Negli Stati europei, nel corso del XX secolo, quest’ultimo tipo di funzioni ha finito per essere spesso considerato quello maggiormente caratterizzante il ruolo dello Stato (welfare state). In Francia, in particolare, il concetto di service public era già stato associato all’idea di Stato in senso costituzionale sul finire del XIX secolo.

Alla fine del XX secolo, tuttavia, la questione dei servizi pubblici ha cominciato ad essere guardata da punti di vista diversi, anche tendendo conto dell’esperienza americana in materia di public utilities, per la quale è considerato naturale che certi servizi possano essere prodotti e distribuiti da privati pur essendo garantita la soddisfazione dell’interesse pubblico ad essi inerente

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