Più complessa è la tematica dell’eccesso di potere. E proprio attraverso questo vizio è stata elaborata la teoria della discrezionalità amministrativa. Il legislatore del 1889 con eccesso di potere intendeva qualcosa di totalmente diverso da ciò che si intende oggi. Intendeva cioè un caso di incompetenza grave, uno straripamento , e cioè l’esercizio di un potere spettante ad una autorità totalmente diversa da quella che lo ha esercitato. Nozione questa, che oggi è + vicina a quella di carenza di potere. Eccesso di potere per il legislatore quindi non era altro che un’ulteriore forma di violazione della legge.

Ma il consiglio di stato ha reiterpretato il fenomeno e oggi tale figura va analizzata sulla base di quanto detto sulla discrezionalità amministrativa. E perciò l’eccesso di potere si può definire come vizio concernente l’esercizio del potere discrezionale. : vi rientrano cioè tutti i casi in cui la amministrazione non abbia bene esercitato il potere discrezionale, mentre questo vizio ovviamente non è configurabile quando si tratta di atti non discrezionali, ma vincolati. Quindi, se l’atto non è conforme alla legge, sarà illegittimo, ma seppur conforme non è detto che non sia viziato dall’eccesso appunto di potere.

Es. procedimento di espropriazione l’autorità competente è il prefetto. La legge per ipotesi prescrive tutta una serie di adempimenti che puntualmente sono eseguiti. La fattispecie dal punto di vista del rispetto delle norme, risulta essere a posto. Però supponiamo che si tratti di una espropriazione per la costruzione di una strada che possa essere fatta o su un versante con un frutteto, o sull’altro che a causa della sua formazione è inidoneo a ospitare coltivazioni di un certo tipo di coltivazioni .

A parità di utilità il prefetto dovrà scegliere quest’ultimo terreno, in caso contrario ci si trova di fronte ad una scelta del tutto irragionevole. Infatti compito di una buona amministrazione è adempiere all’interesse primario, e in questo caso, costruire la strada, ma anche adempiere all’interesse secondario, e cioè tutelare le coltivazioni agrarie. Nell’esempio fatto, una scelta diversa da quella ragionevole prefigura un’ipotesi di potere discrezionale esercitato in modo non corretto. Ci troviamo perciò di fronte ad un vizio diverso dagli altri.

La prima forma che può assumere il vizio di eccesso di potere è quella dello sviamento. Il potere è in concreto esercitato ma per un fine diverso da quello imposto dalla legge (violazione del vincolo del fine). Es. la legge dà la possibilità all’autorità sanitaria di far abbattere animali quando c’è una situazione infettiva pericolosa. Immaginiamo che l’autorità sanitaria eserciti questo potere per uno scopo però diverso, da quello imposto dalla legge. In questo caso, anche se il fine è lecito, dal momento che è diverso da quello tipico, vizia l’atto.

Ovviamente però si devono comunque prendere in considerazione tutti i singoli casi e l’assetto degli interessi in gioco. È chiaro infatti che se l’interesse secondario è preminente rispetto a quello primario, non costituirà eccesso di potere l’aver seguito questo e non l’interesse appunto primario anche tipicamente sancito. A volte lo scopo può anche essere illecito. Es. viene espropriato il terreno di tizio per costruirvi un parco pubblico, ma in realtà del parco non vi sarebbe bisogno, ma si scopre che lo scopo è quello di favorire il vicino di tizio che è magari parente del sindaco. Anche in questo caso vi è sviamento, perché l’attività amministrativa si allontana dal suo dovere di imparzialità. Lo sviamento si concretizza per un fatto obiettivo, che risulta in concreto dall’analisi della documentazione procedimentale.

Nello sviamento troviamo un genuino vizio di eccesso di potere: una volta dimostrato che il fine non è quello della legge, ma altro e diverso, o addirittura illecito, il potere discrezionale, come potere in principio vincolato nel fine, si ritiene illegittimo.

 

Sviamento di potere

Generalmente con tale espressione si suole indicare una delle figure cd. sintomatiche dell’ eccesso di potere [vedi]; precisamente lo (—) ricorre tanto nel caso in cui la pubblica amministrazione usi di un suo potere discrezionale per un fine diverso da quello per il quale il potere stesso le era stato conferito, quanto nel caso in cui persegue l’interesse pubblico, ma con un potere diverso da quello attribuito a tal fine della legge.

 

Figure sintomatiche di eccesso di potere

Oltre lo sviamento abbiamo altre ipotesi di eccesso di potere, riconducibili alla violazione del principio di ragionevolezza. L’irragionevolezza dell’agire appare sintomo della manifestazione non corretta del potere. Se ad es. viene autorizzata la costruzione di uno stabilimento industriale, e l’amministrazione che se ne fa carico, poi assume delle scelte in netto contrasto logico con l’atto centrale del procedimento, senza darne motivazione, non possiamo che trovarci di fronte ad un’ipotesi di eccesso del potere, definibile come irragionevolezza.

E in questa categoria vi raggruppiamo ad esempio l’assenza dei motivi, o di motivazione, contrasto palese tra 2° atti del procedimento, contraddittorietà dei provvedimenti, illogicità manifesta del provvedimento(cioè viene prima concessa un’autorizzazione e poi contestualmente negata), ecc… in questi casi il sintomo manifesta irragionevolezza. Se infatti in queste circostanza vi fosse una motivazione ragionevole delle scelte assunte, la fattispecie sarebbe legittima. In altri casi questo vizio può essere relativa a principi cui l’attività amministrativa deve ispirarsi, come quello della completezza e veridicità dell’istruttoria; nell’imparzialità dell’agire(trattando in maniera uniforme situazioni uniformi), nel principio di giustizia sostanziale(l’amministrazione non deve dar vita a situazioni di evidente giustizia), ecc..

In relazione a questi principi conosciamo altri tipi di eccesso di potere: l’erroneità o il travisamento dei fatti, il vizio di incompleta istruttoria, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta. In questi casi a differenza dell’irragionevolezza, a prevalere non è un sintomo, ma il risultato di un’azione concreta. La manifesta ingiustizia è di difficile individuazione soprattutto perché rischierebbe di confondersi con i vizi di merito. Si tratta comunque di una figura rarissima che si ha quando il risultato prodotto da un’azione amministrativa sia abnorme.

Vi è un caso storico al riguardo in cui x la prima volta si definì questo come un vizio di eccesso di potere:tizio, un agente ferroviario, aveva subito lavorando un grave infortunio e gli furono attribuite nuove mansioni, limitate comparate alla sua situazione personale. Nuove disposizione legislative, poi, ispirate alla necessità di ridurre il personale ferroviario, portarono tizio al licenziamento. Questo fu un caso del tutto viziato dal vizio di manifesta ingiustizia, perché anziché il licenziamento, per il povero tizio dovevano invece configurarsi ipotesi di inabilità contratta a causa di servizio.

Quindi l’eccesso di potere è espressione usata per designare quei vizi rapportabili al potere dell’esercizio discrezionale. La prima serie si evidenzia nello sviamento, e nella violazione del vincolo del fine. La seconda (fig. sintomatiche) si evidenzia nel vizio della irragionevolezza. La terza si evidenzia in altri casi e vizi a seconda della regola violata (disparità di trattamento, manifesta ingiustizia, erroneità, ecc…).