1° comma. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio. la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

2° comma. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabiliti i termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i temimi entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. I termini sono modulati tenendo conto della loro sostenibilità, sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, e della natura degli interessi pubblici tutelati e decorrono dall’inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

3° comma. Qualora non si provveda ai sensi del comma 2. il termine è di novanta giorni.

4° comma. Nei casi in cui leggi o regolamenti prevedono per l’adozione di un provvedimento l’acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, i termini di cui ai commi 2 e 3 sono sospesi fino all’acquisizione delle valutazioni tecniche per un periodo massimo; comunque non superiore a novanta giorni. I termini di cui ai commi 2 e 3 possono essere altresì sospesi, per una sola volta, per l’acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2.

5° comma. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell’ amministrazione (cd. silenzio inadempimento o silenzio non significativo), ai sensi dell’articolo-21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui

ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. La richiesta del soggetto interessato costituisce il presupposto per l’avvio in concreto dell’esercizio del potere, ma non appena si configura l’esigenza di cura dell’interesse, sia attraverso un lavoro di ufficio sia dalla realtà esterna, l’amministrazione deve dare avvio autonomamente all’esercizio de relativo potere. Il tempo nel quale il procedimento deve concludersi è per altro elemento fondamentale per valutare l’efficienza

dell’azione amministrativa e la capacità della stessa di soddisfare interessi e bisogni dei cittadini. In questo contesto, rileva l’ipotesi in cui la P.A., a fronte di una richiesta di parte, non adotti nei termini di legge il provvedimento, rendendosi inadempiente ali ‘obbligo previsto dall ‘art. 2. E’ questa l’ipotesi del cd. silenzio inadempimento (diverso dal silenzio assenso che, come si vedrà, rileva nella fase decisoria). L’inadempimento dell’obbligo di pronunciarsi può dar luogo, oltre che alle conseguenze di cui all’art. 21 bis legge TAR, a conseguenze anche di carattere penale (art 328 c.p.). Ovviamente, in quest’ultimo caso, perché si concretizzi il reato, occorre l’imputabilità del fatto all’agente. Inoltre, come la omissione dell’avvio del procedimento anche la mancata conclusione, se dovuta a colpa grave o dolo del funzionario responsabile, può dar luogo a responsabilità amministrativa rilevabile davanti alla Corte di Conti.

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