Diritto penale comparato con distinzione tra dolo e colpa

Riassumendo quanto detto in precedenza, possiamo dire che i motivi per cui si analizza il diritto penale comparato sono i seguenti:

  • riforma del diritto penale nazionale;
  • conoscenza del diritto straniero come oggetto di consulenza per persone, per imprenditori, per società (anche malavitose);
  • universalizzazione del diritto penale;
  • conoscenza più coerente del diritto penale nazionale: attraverso lo studio delle differenze, infatti, si comprendono più a fondo le caratteristiche intrinseche dell’oggetto di studio.

Con riferimento all’elemento soggettivo del reato, ad esempio, il nostro sistema distingue unicamente tra dolo e colpa. Vengono quindi a proporsi dei casi problematici in cui si fa fatica a distinguere tra i due elementi soggettivi (es. lancio di sassi dai cavalcavia). La distinzione più rilevante è quella tra dolo eventuale e colpa cosciente. Nei sistemi anglo-americani, al contrario, le forme dell’elemento soggettivo sono quantomeno tre: il dolo, la colpa e la reclessness, che descrive tutti i fatti in cui troviamo una ragionevole assunzione di rischio e un’alta probabilità che l’evento si verifichi. Attraverso lo studio di altri sistemi, quindi, è possibile percepire elementi che sono sostanzialmente nascosti o sottovalutati.

Occorre a questo punto chiedersi se la conoscenza del diritto straniero possa essere utilizzata a fini pratici nello svolgimento di un’attività nazionale. In alcuni sistemi è possibile utilizzare le decisioni prese in altri paesi (es. common law), essendo questo rimando al diritto straniero formalmente previsto. In generale, comunque, il rimando alla ragionevolezza straniera può essere utilizzato, se non come tesi giuridica quantomeno come argomento a sostegno della tesi.

Il diritto penale comparato, in sostanza, non rappresenta soltanto una materia culturale, avendo al contrario una vera e propria ricaduta professionale. Nel sistema italiano vale il principio della mandatory prosecution: di fronte ad una notizia di reato l’esercizio dell’azione penale è obbligatoria. Al contrario, negli ordinamenti angloamericani, la polizia e il prosecutor hanno un esplicito potere discrezionale di selezionare i fatti. Tale discrezionalità viene orientata da una serie di criteri (crown prosecution service), il cui corretto esercizio, comunque, permette concretamente di cestinare una determinata notizia di reato. Il fatto che in un altro sistema la discrezionalità sia apertamente riconosciuta induce a chiedersi se anche nel sistema italiano in parte valga tale principio. In effetti anche l’Italia risente del principio della discrezionalità: risulta infatti impensabile che un sistema consideri allo stesso modo e persegua con pari rigore tutti i fatti di reato, a prescindere dalla loro concreta rilevanza.

Indici rilevatori di comparazione (market comparatistici).

Alcuni elementi che fanno parte della nostra vita moderna non hanno alcun riscontro nel passato, motivo questo per cui occorre evitare le comparazioni che, mettendo a paragone epoche diverse, tendono a semplificare le cose e ad appiattirle (es. quando il giurista del settecento cita il c.d. diritto forestiero, quindi, non può certo farlo con la stessa consapevolezza che utilizza oggi la Corte europea che rimanda ad un caso statunitense). Quando si fa comparazione, peraltro, si tende ad avere un duplice atteggiamento: percepire come unico ciascun elemento o banalizzare le differenze considerandole irrilevanti. Il primo atteggiamento appare certamente preferibile.

Per capire l’esistenza o meno della comparazione in una data epoca, quindi, occorre misurare la sensibilità comparatistica attraverso due indici rilevatori (marker comparatistici):

  • aspirazione universalistica del diritto: esiste un interesse comparatistico quando i giuristi di una determinata epoca hanno un’aspirazione universalistica (es. diritto penale canonico, che prescinde da una base territoriale, aspirando ad uno sviluppo universale);
  • confronto tra fonti diverse:
    • come oggettiva caratteristica di determinate esperienze giuridiche (es. medioevo): Cesare Beccaria, nell’incipit del suo “dei delitti e delle pene” (1763-64), delinea un quadro del caotico sistema normativo in cui svolge la sua attività: <<alcuni avanzi di leggi di un antico popolo conquistatore (romani) fatte compilare da un principe che dodici secoli fa regnava in Costantinopoli, frammischiate poscia co’ riti longobardi, ed involte in farraginosi volumi di privati ed oscuri interpreti, formano quella tradizione di opinioni che da una gran parte dell’Europa ha tuttavia il nome di leggi; ed è cosa funesta quanto comune al dì d’oggi che una opinione di Carpzovio, un uso antico accennato da Claro, un tormento con iraconda compiacenza suggerito da Farinaccio siano le leggi a cui con sicurezza obbediscono coloro che tremando dovrebbero reggere le vite e le fortune degli uomini>>. Questa descrizione fa riferimento ad un mondo in cui il giurista, dovendo muoversi in un sistema caotico e non gerarchizzato, deve necessariamente avere degli interessi comparatistici.
    • come attitudine metodologica dei giuristi: esiste un interesse comparatistico quando i giuristi prendono atto e utilizzano una vasta gamma di fonti normative non tanto a fini applicativi quando piuttosto a fini interpretativi, rifiutando un approccio monoliticamente logico-deduttivo.

L’interesse comparatistico viene poi a spegnersi con le codificazioni dell’ottocento e con il culto del diritto scritto: in tale epoca, infatti, dal momento che al giurista si comincia semplicemente a chiedere di leggere ed applicare il codice, il diritto comparato entra in crisi. Questo, in sostanza, comincia ad essere percepito come contrastante con il principio della riserva di legge.

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