Gaetano Mosca sviluppa una veduta politica di tipo conservatrice che però segue sue proprie direttrici di ricerca. Fedele ad una impostazione laica, non condivide nulla della cultura reazionaria. La sua tesi è che “non è la formula politica che determina il modo di formazione della classe politica, ma al contrario è questa che sempre adotta quella formula che più le conviene”. I principi generali hanno solo una funzione ideologica, non sono certo essi a indicare i reali meccanismi di formazione del potere. Ovunque la politica si sviluppa come una lotta per il potere che vede per protagonista una speciale e ristretta classe politica. S

ul piano della indagine istituzionale, Mosca nutre una forte ripugnanza verso il regime parlamentare così come esso si è impiantato in Italia e Francia. Il governo parlamentare è insidiato dalle tare della ingovernabilità. La sua strutturale debolezza fa rimpiangere il regime costituzionale puro nel quale la corona esercita notevoli poteri di indirizzo. Mosca mostra di considerare equivalente la formula governo rappresentativo, basato sulla elezione popolare e sulla competizione elettorale, e quella di governo parlamentare, incentrato sulla designazione parlamentare del governo tramite l’istituzione di un voto di fiducia. Per questo non esitò ad annoverare anche gli stati uniti tra i regimi parlamentari puri. Solo più tardi porterà avanti una più trasparente distinzione concettuale tra governi costituzionali, governi parlamentari e governi presidenziali.

È la rappresentanza politica in quanto tale che Mosca non digerisce. L’idea che il decisore possa essere eletto dai cittadini non la trova particolarmente attraente. Eccessivo nelle sue prestazioni, se paragonato alla cornice legale e alla derivazione divina del potere monarchico, il governo parlamentare appare poi troppo debole dinanzi alle aggregazioni sociali. Il parlamentarismo si configura dunque come una miscela esplosiva nella quale si distinguono i segni deleteri di un potere corruttore dei comitati elettorali e dei grandi elettori, di un nomadismo esasperato dei singoli parlamentari, di una spregiudicata manovra politica indifferente a fini generali.

Una possibile via di uscita Mosca la intravede nel ricorso a ministri di estrazione burocratica e non più parlamentare, nella riconduzione dell’apparato burocratico sotto la responsabilità diretta della corona. Inoltre prende quota il vecchio ideale del governo misto attraverso cui si evoca una sorta di equilibrio tra le forze sociali ruotante sulla funzione mediatrice illuminata di una robusta e lungimirante “classe-non classe” come il ceto medio. Mosca segnala “i germi deleteri che un lungo periodo di lotte e di agitazione hanno accumulato nella società”. Il conflitto, l’agitazioni delle plebi vengono disdegnate come esemplari manifestazioni della decadenza politica e culturale dei tempi moderni.

Sull’ampliamento del diritto di voto Mosco ha nutrito una resistenza ferma e inflessibile sin dai temi della riforma del 1882. sopravvive in lui uno spirito aristocratico che lo induce a prendere partito contro l’inconcepibile partecipazione di masse incolte agli affari della città. Gli stessi partiti sono percepiti come forme di decadenza. Alla base del rifiuto del suffragio allargato egli pone l’insormontabile scoglio costituito dalla “disuguaglianza naturale degli uomini”. Per Mosca “l’analfabetismo è segno quasi sicuro di particolare stupidità della mente” e la politica è soprattutto affare di capacità, di cultura non di lotta tra interessi. Mosca nel voto vede l’anticamera della rivoluzione, il veicolo per l’introduzione del conflitto nelle sedi istituzionali.

Sul movimento socialista e anarchico, Mosca esprime delle posizioni che sconfinano dalle legittime opinioni di un conservatore di destra e lambiscono atteggiamenti apertamente reazionari. Il suo sogno è quello di una classe politica ristretta ma animata da una conservatorismo illuminato in grado di stemperare l’acutezza del contrasto sociale. Lo stato non può poi pretendere di ritirasi dalla vita economica come un terreno di non sua pertinenza. Mosca: “il governo è quello che dà la sicurezza alla proprietà privata”. Mosca rimprovera alla politica italiana di non aver neanche tentato la strada della cooptazione dei meritevoli e della ridefinizione dei compiti dello stato in campo economico e di aver privilegiato la via più rischiosa della integrazione politica delle masse.

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