Anche nell’amministrazione, il principato rappresentò un compromesso tra le forme di governo repubblicane e la monarchia del nuovo regime. Si trattò di un compromesso fortemente squilibrato, che portò comunque alla prevalenza delle esigenze del nuovo regime.

Augusto può considerarsi il vero creatore del sistema dell’amministrazione imperiale. Da buon politico, era perfettamente consapevole del fatto che una buona amministrazione avrebbe necessariamente comportato un controllo reale del nuovo stato.

In sintesi, la politica di Augusto nei confronti dell’amministrazione si fonda su due principi basilari:

– Il depotenziamento delle magistrature repubblicane

– La creazione di un’amministrazione parallela, affidata ai cavalieri.

Questi sono, dunque, le linee generali della filosofia di Augusto, nell’ambito dell’amministrazione imperiale. Per quanto concerne il depotenziamento delle magistrature repubblicane, qui si coglie il genio politico di Augusto. I magistrati di origine repubblicana svolgevano ormai funzioni amministrative di facciata.

Il consolato, ad esempio, almeno della prima fase del principato, pur mantenendo le proprie prerogative formali, ha subito successivamente un’effettiva limitazione di poteri e un reale svuotamento di contenuto politico. Se da un lato, infatti, i consoli mantengono la loro funzione di supremi rappresentanti dello stato e mantengono, a loro volta, il potere di convocare e di presiedere il senato e le assemblee popolari, tali poteri di per sé subiscono una vera e propria limitazione a causa del princeps, che si vede attribuiti tali poteri che esercita nella stessa amministrazione di Roma.

Quanto alla pretura, la tecnicità delle funzioni svolte dai pretori ha fatto sì che la relativa magistratura fosse suscettibile di mantenere la propria rilevanza costituzionale.

Durante il principato, il numero dei pretori ha subito oscillazioni, sia per l’esigenza di attribuire specifiche funzioni, sia per ragioni di carattere contingente. Il tutto ha provocato, inevitabilmente, la limitazione, in concreto, delle competenze del pretore urbano e di quello pretorio.

La censura, invece, fu ripristinata da Augusto nel 22 a.C, con l’elezione di Lucio Munazio Planco e di Paolo Emilio Lepido, non soltanto in relazione al programma di restaurazione delle istituzioni repubblicane ma anche per la risoluzione di diverse problematiche, in quest’ambito. Tale magistratura cesserà comunque di avere una rilevanza autonoma con l’esercizio delle funzioni proprie di essa da parte di Domiziano nella qualità di censor perpetuus.

Il Tribunato, invece, viene svuotato della sua importanza politica nel momento in cui il princeps assume la tribunicia potestas. Nonostante tutto, durante il principato di Augusto, il tribunato continua ad esistere, con le proprie prerogative e restando inalterati nella sua struttura formale. Ai tribuni restano delle competenze molto importanti, come il potere di dirigere la plebe, di coordinarla, di convocare il senato.

Anche l’edilità viene mantenuta e le competenze degli stessi rientrano nell’assunzione dei servizi dell’annona e della prevenzione degli incendi e dallo stesso affidamento alla pretura, da parte di Augusto, della cura dei giochi pubblici.

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