L’art. 14 cc dispone che le associazioni e le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico. La fondazione può essere disposta anche con testamento, sia olografo che pubblico. Il legislatore richiede quindi che l’atto costitutivo sia rivestito di un particolare formalismo, al fine di consentire al prefetto, che dovrà pronunciarsi sulla richiesta di riconoscimento, di valutare l’esistenza dell’ente e le condizioni che costituiscono il contenuto del negozio. Tale formalismo nel caso del testamento olografo è assicurato dal successivo verbale di pubblicazione redatto dal notaio; questo, in quanto atto pubblico, è titolo legittimante per iscrivere nel registro delle persone giuridiche la fondazione. A tale proposito occorre ricordare il distinguo che la dottrina opera tra “negozio di fondazione” e “negozio di dotazione”.

Il primo ha carattere personale e contiene la volontà di costituire una fondazione. Il secondo ha carattere patrimoniale e con esso lo stesso fondatore o un terzo, attribuiscono alla fondazione i beni necessari per il conseguimento dello scopo. Secondo tale teoria dualistica, il diniego del riconoscimento della fondazione per insufficienza del patrimonio non spiega effetti sull’atto di fondazione, ha autonomo rispetto al lato di dotazione.

Infatti, essendo l’atto di dotazione strumentale rispetto a quello di fondazione, mentre la nullità dell’atto di fondazione determina anche la nullità dell’atto di dotazione, non è altrettanto vero il contrario. Secondo l’opinione contraria l’atto di fondazione non può essere distinto dall’atto di dotazione, poiché quest’ultimo non ha in sé una propria causa, che mutua dall’ atto di fondazione; di conseguenza l’atto di dotazione è solo un elemento integrativo dell’atto di fondazione.in accoglimento di questo orientamento, la suprema corte ha escluso che, in caso di attribuzione patrimoniale per testamento alla fondazione, si configuri un allegato sottoposto a onere, il cui inadempimento comporterebbe la risoluzione dell’attribuzione all’ente e la conseguente devoluzione agli aventi causa del de cuius.

L’ art. 16 cc individua gli elementi dell’atto costitutivo e dello statuto. Parte della dottrina sostiene che statuto e atto costitutivo costituiscano due atti giuridici diversi, caratterizzati da funzioni diverse; altra parte della dottrina invece sostiene che l’atto costitutivo e lo statuto compongano un unico negozio giuridico, con la possibilità di redigere un unico documento, contenente gli elementi che la legge richiede per entrambi. Lo stesso art. 16, infatti, stabilisce che l’atto costitutivo e lo statuto debbano indicare:

1) lo scopo;

2) la sede;

3) il patrimonio, come mezzo predisposto per il raggiungimento dello scopo. Mentre nelle fondazioni è indubbiamente necessario che esso esista, si ritiene che il patrimonio sia un elemento normale, ma non necessario, perlomeno nelle associazioni di fatto (dove vi è la responsabilità degli amministratori ex art. 38 cc ); si ritiene invece fondamentale per le associazioni riconosciute, in quanto destinato a tutelare i creditori. L’art. 16 cc si limita a richiedere l’indicazione del patrimonio, ma nulla dice relativamente alla sua entità e alla sua valutazione. Ai sensi dell’ art. 1 dpr 361/00 il criterio seguito al momento del riconoscimento è la valutazione concreta del patrimonio in relazione allo scopo che l’associazione intende perseguire.

4) le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione. Nelle fondazioni la carica di amministratore può essere assunta dallo stesso fondatore, riservata ai suoi eredi o rimessa a terzi. La ratio di quest’ultima ipotesi di nomina è quella di garantire che i membri dell’organo siano dotati di adeguate e specifiche capacità professionali; il rapporto che intercorre fra i designati alla carica e i terzi disegnatori non può essere ricondotto né alla rappresentanza né al vincolo di mandato. Nelle associazioni la dottrina tradizionale sostiene la tesi estensiva, per cui gli amministratori possono essere non solo gli associati ma anche persone estranee, sulla base del presupposto che gli amministratori siano semplici mandatari del gruppo.

5) diritti ed obblighi degli associati, e condizioni di ammissione (nel caso delle associazioni); modalità di erogazione delle rendite (nel caso delle fondazioni).

Per quanto riguarda le condizioni di ammissione, si pone il problema della qualificazione giuridica del conferimento dei beni da parte degli associati nel patrimonio delle associazioni riconosciute. Secondo alcuni, l’atto di conferimento presenta le caratteristiche tipiche della liberalità (impoverimento di chi la compie e arricchimento del beneficiario). Si tratterebbe di una “liberalità non donativa” (ex art. 809 c.c.) o conferimento, che si distingue dalla donazione perché la sua funzione consiste non solo nell’attribuzione ma anche nella destinazione dei beni al perseguimento dei fini dell’ente; quest’assunto sarebbe confermato dall’art. 24 cc, il quale dispone, sulla base dello scopo non lucrativo della distribuzione degli utili, che in caso di recesso o di esclusione dall’associazione gli associati non possano ripetere i contributi versati, poiché quanto è stato da loro versato non costituisce un capitale di rischio in funzione speculativa (come avviene per le società), ma un’elargizione a fondo perduto.

Altra parte della dottrina, configurando una sinallagmaticità tra conferimento e vantaggi dell’associato, attribuisce al conferimento natura di negozio oneroso a prestazioni corrispettive. L’associato può agire (ex art. 1455 cc) nei confronti dell’associazione, nel caso in cui quest’ultima non adempia ai propri obblighi.

L’atto costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere le norme relative all’estinzione e alla trasformazione dell’ente.

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