Ai sensi dell’art. 115, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero (co. 1), potendo utilizzare a fondamento della decisione anche le nozioni di fatto che rientrano nell’esperienza comune (co. 2). Per individuare i soggetti legittimati all’iniziativa sull’acquisizione delle fonti materiali di prova occorre guardare ai seguenti principi:

  • principio di disponibilità delle prove: le prove sono acquisite al giudizio solo su iniziativa delle parti. Tale soluzione salvaguarda l’imparzialità del giudice, perché distingue il soggetto ad iniziativa del quale la prova è assunta dal soggetto chiamato a valutarla;
  • principio inquisitorio: le prove sono acquisite anche su iniziativa del giudice, che ha poteri di ricerca autonoma delle fonti materiali di prova e dei fatti secondari fonte di presunzione. Tale soluzione contrasta con il principio del divieto di utilizzazione del sapere privato;
  • principio dei poteri istruttori di ufficio: le prove sono acquisite al giudizio su iniziativa delle parti e del giudice, nel rispetto del divieto di utilizzazione del sapere privato. Il potere di iniziativa del giudice, tuttavia, può riguardare solo fonti materiali di prova, notorie o emerse in corso di giudizio. Tale soluzione riduce al minimo il rischio di compromissione della terzietà del giudice, in coerenza con un processo che tenda alla ricerca della verità.

Principi attinenti al principio di disponibilità della prova:

  • principio di domanda, che prescinde dal carattere disponibile dei rapporti oggetto del processo e che viene posto a tutela dell’imparzialità e della terzietà del giudice. Il principio della disponibilità delle prove si distingue da tale principio perché le prove possono essere acquisite al giudizio su iniziativa non solo dell’attore e del convenuto ma anche del pubblico ministero;
  • principio della normale correlazione tra titolarità del diritto sostanziale e del diritto di azione. Il principio della disponibilità della prova si distingue da tale principio perché le prove sono acquisibili al giudizio anche su istanza del legittimato straordinario.

Modelli accolti dal diritto positivo:

  • processo ordinario di cognizione devoluto al tribunale collegiale: si ha una massima attuazione del principio di disponibilità delle prove, con alcune deroghe a favore dei poteri istruttori del giudice (es. ispezione disposta di ufficio ex art. 118);
  • processo ordinario di cognizione devoluto al tribunale monocratico o al giudice di pace: si ha un’ulteriore deroga al principio di disponibilità delle prove ex art. 281 ter, secondo cui il giudice può disporre di ufficio la prova testimoniale se le parti nell’esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità ;
  • processo del lavoro (art. 421 co. 2): il giudice ha il potere di disporre l’ammissione di qualsiasi mezzo di prova, nel rispetto del divieto di utilizzazione del sapere privato. In questo caso si cerca un contemperamento tra l’esigenza di accelerazione e l’esigenza di verità materiale.

Fatti notori

Ai sensi dell’art. 115 co. 2 il giudice può porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza . Un fatto, in particolare, se passa al vaglio della comune esperienza della generalità delle persone, subisce una spersonalizzazione e un’oggettivizzazione che impediscono i rischi di parzialità del giudice. La notorietà di un fatto può derivare dalle circostanze in cui il fatto si è verificato o dalle circostanze che hanno determinato la propagazione della notizia. Risulta comunque necessario che il fatto rientri nell’esperienza comune di una generalità di persone (es. sciopero dei pubblici servizi).

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