Per poter provvedere il giudice deve accertare che i fatti rilevanti ai fine della decisione siano veri, deve cioè istruire la causa. Occorre rilevare che una cosa è introdurre i fatti rilevanti nel processo (cd. Asserzione o allegazione) altro è invece controllare che tali fatti rispondano al vero. Questo secondo problema è il problema della prova. Riguardo al modo secondo il quale il giudice debba procedere all’istruzione probatoria vi sono in dottrina due diverse tendenze.

Alcuni ritengono che sia preferibile lasciare alle parti le iniziative probatorie in modo così da evitare poteri arbitrari del giudice. Altri invece ritengono che debba essere il giudice a dover assumere in prima persona il compito di ricerca della verità senza essere condizionato dalle parti. Si tratta di una contrapposizione tra due diverse ideologie:

1) quella liberale individualista che vede nel processo uno strumento di risoluzione delle liti al fine di ricomporre la pace sociale

2) quella socialista che vede nel processo un mezzo di ricerca della giustizia sostanziale

L’art 115 c.p.c. disponendo che salvo i casi previsti dalla legge il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal P.M. si ispira come è ovvio alla ideologia liberale dato che tale articolo ha accolto il sistema secondo cui rientra nella disponibilità delle parti anche l’attività istruttoria. In dottrina si è soliti dire che nel nostro processo valgono sia il principio dispositivo in senso ampio il quale ha per oggetto il potere delle parti di proporre la domanda, di fissare il tema decisionale e di produrre le prove sia il principio dispositivo in senso stretto il quale ha per oggetto il potere delle parti di produrre le prove e di far decidere soltanto sulla loro base.

L’analisi delle altre norme del codice dimostra tuttavia che il principio dispositivo in senso stretto non si è realizzato pienamente nel nostro ordinamento tanto è vero che alcuni affermano che non si può dire che tra poteri probatori delle parti e poteri probatori ufficiosi corra un rapporto di regola ed eccezione e che quindi il principio dispositivo prevalga su quello inquisitorio. Le ipotesi richiamate dall’inciso dell’art115 c.p.c. salvo i casi previsti dalla legge che si risolvono in una rilevante possibilità per il giudice di intervenire al fine di controllare le parti nell’indagine istruttori evitando così il loro monopolio esclusivo nella ricerca della verità sono:

1) il potere di disporre d’ufficio l’interrogatorio libero

2) il potere di ordinare l’ispezione di persone o di cose

3) il potere di disporre la consulenza tecnica

4) il potere di deferire il giuramento suppletorio ed estimatorio

5) il potere di richiedere informazioni alla P.A. relativamente ad atti e documenti della stessa

6) il potere del giudice di rivolgere ai testi tutte le domande che ritenga necessarie o utili a chiarire i fatti su cui i testi sono chiamati a deporre, di disporre il confronto tra testi, di assumere altri testi e di rinnovarne l’esame

7) il potere del pretore e del giudice di pace di disporre d’ufficio la prova per testi quando le parti nell’esposizione dei fatti si siano riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità

Il 2° comma dell’art 115 c.p.c. si riferisce ai cd. fatti notori disponendo che il giudice può porre a fondamento della decisione senza bisogno di prove le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza. Si deve trattare di fatti che fanno parte del patrimonio comune di conoscenza di una determinata collettività in un determinato momento storico. L’appartenenza dei fatti al patrimonio comune di conoscenza funge in questo caso da filtro idoneo evitando che vi sia un’attentato alla imparzialità del giudice e alla regola dell’assunzione delle prove nel contraddittorio delle parti.

Premesso che anche se i fatti notori non hanno bisogno di prova hanno tuttavia bisogno di essere allegati va detto che in realtà il potere riconosciuto dall’art 115 2° comma c.p.c. dovrebbe essere un potere-dovere il cui mancato esercizio dovrebbe viziare il provvedimento ma la giurisprudenza non lo ritiene sindacabile. Per concludere va detto che la possibilità di tener conto dei fatti notori esclude argomentando a contrario che il giudice possa far ricorso alle sue conoscenza personali(cd. Divieto di scienza privata). La ragione del divieto è data dall’esigenza di non lasciare la coscienza del giudice arbitra di ritenere fondati o non fondati determinati fatti che non siano di pubblica conoscenza.

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