Ci si è chiesti se la funzione giurisdizionale possa essere esercitata oltre che dai magistrati ordinari anche da altre persone. Ciò è impossibile per tutte le forme del processo volontario che sono contrassegnate dall’essere affidate ad un magistrato di carriera, è difficilmente ipotizzabile nel campo del processo esecutivo non essendo consentito l’uso della forza per costringere altri ad adempiere alle proprie obbligazioni mentre è possibile nel campo della giurisdizione contenziosa dove nulla si oppone alla decisione delle parti di far decidere la controversia anziché dai giudici dello stato da persone di loro fiducia. Il legislatore ha regolato questo tradizionale istituto che prende il nome di arbitrato. Dopo le modifiche apportate dalla legge dell’83 n.28 e da quella del 94 n. 25 la disciplina può essere così sintetizzata. Le parti possono stabilire con un contratto scritto cd. Compromesso di far decidere dagli arbitri una controversia già insorta e ben individuata che abbia ad oggetto diritti disponibili. Le

stesse possono anche stabilire con una clausola cd. Compromissoria di un più complesso contratto che stipulano o anche con un atto separato che si colleghi ad esso che le future controversie scaturenti dal contratto siano decise dagli arbitri. Gli arbitri emettono una decisione secondo diritto a meno chè non siano autorizzati dalle parti a pronunciare secondo equità. La pronuncia prende il nome di Lodo e può essere depositata insieme con gli atti preliminari nella cancelleria della pretura nella cui circoscrizione vi è la sede dell’arbitrato. Nel caso in cui il lodo sia depositato il pretore ne accerta la regolarità formale e lo dichiara esecutivo con decreto. Al tribunale può essere proposto reclamo solo contro il decreto che nega l’esecutorietà al lodo. Il lodo è soggetto a correzione degli errori materiali, ad impugnazione per i motivi di nullità di cui all’art 828 davanti alla corte d’appello nella cui circoscrizione vi è la sede dell’arbitrato nonché a revocazione e ad opposizione di terzo nei casi previsti dalla legge. Le ragioni che spingono le parti a fare ricorso all’arbitrato sono essenzialmente due:

1) rapidità della decisione dato che essi devono decidere normalmente entro 180 giorni

2) fiducia nelle particolari conoscenze tecniche richieste dalla controversia di cui gli arbitri sono in possesso

In passato la disciplina del codice imponeva alle parti e agli arbitri di depositare i lodi davanti al giudice subordinandone l’efficacia all’omologazione. Poiché ciò comportava la necessaria pubblicità degli atti e documenti del processo arbitrale i privati pensarono di fare ricorso a degli arbitrati liberi obbligandosi a non depositare i lodi conclusivi e quindi a non farli omologare. Questa prassi diede luogo ai cd. Arbitrati irrituali i quali si distinguevano da quelli rituali per l’efficacia dei lodi e per il regime d’impugnazione. I lodi rituali infatti essendo omologabili erano destinati a tradursi in sentenze mentre quelli irrituali erano e rimanevano negozi. Oggi dopo le riforme dell’83 e 94 tale differenza tende a scemare per ciò che concerne l’efficacia dei lodi (ma non anche per il regime d’impugnazione) dato che anche nell’arbitrato rituale le parti possono decidere ex post se far o non far omologare i lodi. Prima dell’entrata in vigore della cost. l’arbitrato non era visto con eccessivo favore essendo considerato come un privilegio una giustizia alternativa a cui potevano fare ricorso solo i ceti più abbienti. L’intensificarsi delle relazioni economiche e commerciali tra il nostro paese e gli altri stati manifestò tuttavia il bisogno di rendere omogenea la disciplina del c.p.c. a quella delle convenzioni internazionali che regolavano l’istituto dell’arbitrato. Il primo tentativo fu fatto con la legge dell’83 n 28. Il problema principale riguardava l’efficacia del lodo rituale dato che secondo la convenzione di New York del 58 il lodo ha efficacia a prescindere dall’omologazione. Da quanto detto ne derivava che mentre potevano essere delibati in Italia lodi non omologati resi all’estero vi erano delle difficoltà ad ottenere che fossero delibati all’estero lodi non omologati resi in Italia. La legge dell’83 n. 28 intervenne soprattutto per equiparare il trattamento dei lodi italiani a quello dei lodi resi all’estero ammise la partecipazione al collegio arbitrale di arbitri stranieri, la firma separata degli arbitri senza bisogno di una nuova conferenza personale tra loro e individuò il momento di perfezionamento del lodo nella sottoscrizione. Le disposizioni della legge dell’83 diedero luogo a dei contrasti interpretativi per cui il legislatore è dovuto intervenire di nuovo nel 94 modificando la disciplina vigente ed introducendo due nuovi capi dedicati all’arbitrato internazionale e ai lodi stranieri. Tali modificazioni possono essere raggruppate secondo due linee direttive:

1) Disposizioni ispirate al favor per l’arbitrato

2) Disposizioni volte ad eliminare i dubbi sull’efficacia del lodo e sul regime d’impugnazione

Tra le disposizioni di favor per l’arbitrato possiamo ricordare:

a) quella che dispone che la forma scritta del compromesso s’intende rispettata anche quando la volontà sia espressa tramite telegrafo o telescrivente

b) quella che dispone che la validità della clausola compromissoria va valutata in modo autonomo rispetto al contratto

c) quella che prevede che nel caso di parità di arbitri l’ulteriore arbitro sia nominato dal presidente del tribunale se le parti non hanno stabilito diversamente. Lo stesso dicasi nel caso in cui manchi l’indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordino al riguardo (normalmente sono tre)

d) quella che prevede che in caso di mancata nomina dell’arbitro da parte di uno dei soggetti la controparte possa ottenere la nomina giudiziale dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione vi è la sede dell’arbitrato o se questa non è determinata da quello del luogo di stipulazione del compromesso o del contratto contenente la clausola compromissoria e nel caso in cui tale luogo si trovi all’estero da quello del tribunale di Roma

e) quella che prevede il procedimento per la sostituzione dell’arbitro che pur essendo stato diffidato ometta o ritardi colpevolmente di compiere atti relativi alle sue funzioni

f) quella che prevede che l’istanza di ricusazione va proposta nel termine perentorio di 10 giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione

g) quella che prevede come si determina la sede dell’arbitrato e la possibilità di stabilire con atto separato le norme sul procedimento

h) quella che prevede la sospensione necessaria del giudizio arbitrale solo quando questo dipenda dalla soluzione di una questione che per legge non può costituire oggetto di arbitrato

I) quella che prevede che la competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione della controversia ad una causa pendente davanti al giudice

l) quella che prevede la durata di 180 giorni per la pronuncia del lodo e la possibilità di lodi non definitivi

m) quella che prevede che sul reclamo contro il decreto che nega l’esecutorietà al lodo provvede il tribunale in camera di consiglio

Tra le disposizioni volte ad eliminare i dubbi sull’efficacia e sul regime d’impugnazione possiamo ricordare:

1) quella che sostituisce in alcuni articoli alla parola sentenza la parola lodo

2) quella che prevede la possibilità di proporre opposizione di terzo, di impugnare i lodi parziali nonché la possibilità di impugnare indipendentemente dalla omologazione

3) quella che prevede che l’impugnazione per nullità va fatta alla corte d’appello nella cui circoscrizione vi è la sede dell’arbitrato non oltre un anno dall’ultima sottoscrizione

4) quella che prevede come ulteriori motivi di nullità il contrasto con un precedente giudicato espressamente dedotto e la violazione del principio del contraddittorio

5) quella che consente alla corte d’appello di dichiarare la nullità parziale del lodo e qualora accolga l’impugnazione di pronunciarsi anche sul merito

6) quella che modifica la disciplina della revocazione

7) quella che equipara la domanda arbitrale ad una domanda giudiziale ai fini della interruzione della prescrizione e della possibilità di trascrizione

Solo l’esperienza e la riflessione critica ci diranno se le soluzioni adottate siano tecnicamente corrette dato che qualche dubbio e già stato avanzato in dottrina come ad es. quello sulla disciplina della forma scritta che non prevede i fax e quello sulla disciplina d’impugnazione dei lodi parziali la quale non è chiara. Per concludere va poi detto che la disciplina dell’arbitrato internazionale ricalca quella della convenzione di Ginevra del 61 e si riferisce a quei giudizi nei quali almeno una delle parti risieda o abbia la propria sede effettiva all’estero nonché a quei giudizi che abbiano ad oggetto controversie relative a rapporti le cui prestazioni debbano eseguirsi all’estero in misura rilevante. Per quanto riguarda infine il riconoscimento e l’esecuzione in Italia dei lodi stranieri va detto che il lodo è straniero non quando sia pronunciato all’estero ma quando le parti o gli arbitri abbiano determinato all’estero la sede dell’arbitrato.

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