Le parti possono sottrarre una loro causa alla cognizione del giudice se convengono di farla decidere da arbitri di loro propria scelta. Esistono in diritto italiano due tipi di arbitrato: l’arbitrato così detto rituale e l’arbitrato così detto irrituale o libero.

L’arbitrato rituale è quello disciplinato dal Codice di procedura civile negli articoli 806 ss. Gli arbitri pronunciano una decisione chiamata “lodo”, che sin dalla sua pronuncia (da identificarsi con l’ultima delle sottoscrizioni degli arbitri) ha efficacia vincolante per le parti (823 [Deliberazione e requisiti del lodo], comma III) e può acquistare forza di titolo esecutivo mediante un provvedimento (decreto) dell’Autorità giudiziaria (825: Deposito del lodo).

Per far decidere la controversia da arbitri rituali le parti devono stipulare un apposito accordo che può avere due forme: quella del compromesso e quella della clausola compromissoria. Il compromesso è stipulato dalle parti quando già è sorto tra le medesime un contrasto, col fine di farlo decidere dagli arbitri anziché dal giudice (806: Controversie arbitrabili). La clausola compromissoria è invece stipulata dalle parti quando queste ultime, in occasione di un contratto concluso tra le medesime, intendono far decidere da arbitri anziché dal giudice le eventuali future controversie che possono sorgere dal contratto stesso (808: Clausola compromissoria). Mentre il compromesso ha per oggetto un contrasto già sorto tra le parti e precisamente identificato nel suo oggetto, la clausola compromissoria riguarda soltanto delle controversie future ed eventuali, che le parti prevedono come semplicemente possibili.

Non tutte le controversie possono essere deferite ad arbitri: l’806 delimita le controversie arbitrabili consentendo il ricorso all’arbitrato per quelle che “non abbiano per oggetto diritti indisponibili”, e comunque facendo salvo l’eventuale espresso divieto di legge. E per le controversie previste nel 409 (Controversie individuali di lavoro) il ricorso all’arbitrato è ammissibile solo se previsto dalla legge o nei contratti od accordi collettivi di lavoro.

Fino alla recente legge di riforma l’arbitrato irrituale non era disciplinato dal codice, ma era stato introdotto nel nostro ordinamento dall’opera creatrice della giurisprudenza; ora il nuovo 808-ter (Arbitrato irrituale) prevede invece esplicitamente che le parti possano (nel rispetto della forma scritta necessaria anche per il compromesso e la clausola compromissoria) stabilire che la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. Poiché non si applica l’825 il lodo non può essere reso esecutivo con un decreto dell’autorità giudiziaria. Per far valere quanto stabilito nel lodo, pertanto, la parte interessata deve adire l’autorità giudiziaria coi medesimi strumenti processuali che sono a sua disposizione per far valere quanto previsto in qualsiasi contratto.

In linea di principio, i limiti di ammissibilità dell’arbitrato irrituale sono i medesimi dell’arbitrato rituale; tuttavia, l’arbitrato irrituale è possibile anche nelle controversie previste dal 409 quando la possibilità di arbitrato è prevista in contratti od accordi collettivi nazionali di lavoro (412-ter).

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