Ci si domanda se il giudice, che è vincolato dalla disponibilità dell’oggetto del processo con riguardo ai fatti affermati o allegati dalle parti, sia vincolato anche sul modo di giudicare su quei fatti, ossia ci si chiede se si possa avvalere solo degli strumenti di convincimento (cosiddette ”prove”) che gli sono offerti dalle parti (fra l’altro anche il convenuto può far domanda: vedi capitolo V). Il 115 C.P.C. risponde a questo interrogativo, nel senso che esiste in senso generale questo vincolo per il giudice, salvo i casi previsti da legge. Quindi il giudice nel nostro sistema è di regola vincolato sia all’allegazione dei fatti compiuta dalle parti, ma anche dalle offerte di prove ad opera di queste rispetto ai fatti allegati. In realtà, questo secondo vincolo (cosiddetto “principio della disponibilità delle prove” o “principio dispositivo”) concerne solo il modo tecnico col quale il giudice svolge la sua attività decisoria. Non sarebbe allora incoerente un legislatore che rispettasse la regola della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ma consentisse al tempo stesso al giudice di avvalersi di ogni mezzo di prova da esprimersi anche d’ufficio. Alcuni tra gli ordinamenti processuali moderni si sono orientati nel senso di lasciare al giudice ampia facoltà di iniziativa nell’avvalersi dei mezzi di prova (cosiddetto ”sistema inquisitorio”). Questo sistema può apparire valido e funzionale,anche se sul piano dell’opportunità, non si deve dimenticare che l’ampiezza delle facoltà d’iniziativa probatoria in capo al giudice può incrinare, specie nei suoi presupposti psicologici, la posizione di imparzialità del giudice.

Deroghe al sistema dispositivo classico. Il nostro ordinamento si ispira a un “sistema dispositivo attenuato”. Infatti una deroga al principio dispositivo già si trova nel 115 2° C.P.C. ove si dice che “il giudice può porre a fondamento della sua decisione le nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza”. Altre deroghe sono: 213 C.P.C. (il giudice può chiedere d’ufficio informazioni scritte alla P.A.), 118 C.P.C. (il giudice può d’ufficio disporre l’ispezione di persone o di cose), 117 C.P.C. (il giudice può disporre anche d’ufficio dell’interrogatorio libero delle parti, ossia un interrogatorio che differisce da quello formale, in quanto mediante un colloquio spontaneo con le parti, il giudice cerca di formare un suo libero convincimento sui fatti della causa). Abbiamo deroghe forti, che introducono un sistema con notevoli elementi inquisitori: 421 C.P.C. (il giudice può disporre d’ufficio in ogni momento l’ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dal C. C.). Si ha poi il 281 C.P.C. (nel processo davanti al giudice monocratico, quest’ultimo può disporre d’ufficio prove testimoniali). Fondamentale è però la l. 69/2009, che ha aggiunto al 115 1° C.P.C. il principio “di non contestazione”, in forza di cui la mancata esplicita e specifica contestazione dei fatti affermati dalla controparte solleva questa dall’onere della prova.

Ci si chiede poi se riguardo alla valutazione delle prove, il giudice sia vincolato in qualche modo. In questo interviene il 116 1°, che specifica il principio della libera valutazione da parte del giudice delle prove, secondo il suo prudente apprezzamento.

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