E’ però ancora fondamentale la nozione di rapporto giuridico processuale, proprio perchè in base a questa nozione si è creata un’altra utile nozione: quella dei cosiddetti “presupposti processuali”. Essi sono i requisiti che devono sussistere prima di un certo atto perchè da quell’atto discendano certe conseguenze. Con riferimento al rapporto giuridico processuale, la dottrina configurò come presupposto l’atto con cui si chiede la tutela giurisdizionale (la domanda). Riguardo alle conseguenze condizionate dai presupposti, si introdusse una distinzione tra i “presupposti di esistenza del processoi quali appaiono come esistenti prima della domanda perchè la domanda dia vita al processo, ma hanno rilievo solo teorico in quanto si esauriscono nell’esistenza di un organo investito di potenziale giurisdizionale (a cui si rivolge la domanda), e i “presupposti di validità o procedibilità del processo”: essi sono quelli a cui ci si riferisce di solito quando si parla di presupposti processuali. Essi sono: la competenza del giudice e la legittimazione processuale (del soggetto che chiede la tutela giurisdizionale). Se manca 1 di questi requisiti, il giudice si deve fermare al rilievo di questa mancanza, con una pronuncia “sul processo”; se questi requisiti sussistono, il giudice deve andare avanti secondo la sua dinamica. I presupposti non sono però gli unici requisiti che determinano procedibilità e esistenza del processo: abbiamo anche “requisiti intrinseci alla domanda”: la domanda “deve esser vera”, mentre per la procedibilità del processo, occorre che la domanda sia qualificata dalla sussistenza delle condizioni dell’azione.

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