Occorre esaminare le conseguenze della proposizione di una domanda giudiziale dinanzi ad un giudice incompetente. In astratto le soluzioni possibili sono due:

  • l’incompetenza del giudice dinanzi al quale è proposta la domanda giudiziale determina l’invalidità della stessa e, quindi, il non prodursi degli effetti processuali e sostanziali ricollegati alla proposizione di una domanda;
  • l’incompetenza del giudice dinanzi al quale è proposta la domanda giudiziale influisce non sulla validità della domanda, ma solo sui provvedimenti emananti dal giudice.

Attraverso l’analisi del diritto positivo, possiamo affermare che è quest’ultima la scelta operata dal nostro legislatore, sebbene alcune disposizioni sembrino prima facie propendere per la prima. L’art. 99, ad esempio, disponendo che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente , sembra presupporre la competenza del giudice come requisito di validità della domanda. Considerando la disciplina in toto, tuttavia, possiamo sostenere che la competenza è il requisito di validità dei provvedimenti giurisdizionali e non della domanda giudiziale: il legislatore, infatti, consente che il processo instaurato con domanda proposta dinanzi al giudice incompetente possa trasmigrare al giudice competente, ossia possa continuare davanti a questo. La riassunzione del processo ex art. 50 comporta necessariamente che la domanda originaria sia idonea a reggere anche l’ulteriore svolgimento del processo davanti al giudice competenza. L’art. 99, in sostanza, risulta essere formulato male laddove aggiunge alla parola giudice la parola competente , in quanto tale aggiunta viene poi contraddetta dalla restante disciplina sulla competenza.

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