Come già detto per determinare se una certa persona ha voluto un possibile risultato della sua azione bisognerà sempre affidarsi ad una serie di regole di esperienza la conformità a cui è sufficiente per dimostrare il fatto psicologico da provare. Questo modo di fare non ha nulla a che fare con l’applicazione delle norme determinanti criteri e cognizioni di allegazione e controllo di ogni mezzo di prova. Queste norme non incidono sulla natura dell’attività di accertamento ma la presuppongono ponendone i limiti o impedendo la sua ulteriore estrensicazione o approfondimento. Ogni domanda volta a chiarire se per accertare il dolo sia o no possibile tener conto di elementi non appartenenti alla fattispecie legale del reato o ipotizzati addirittura in un’altra fattispecie, è viziata in partenza. Come lo storico, l’interprete ha di fronte a se il fatto come una realtà da ricostruire. Il giudice, davanti a un fatto posto in essere in assenza di circostanze da cui si possa dedurre che esso non ha costituito oggetto di volizione, potrà concludere per esistenza di volontà e rappresentazione del fatto stesso, non facendo venir meno il suo dovere di motivazione. Ci saranno comportamenti che consentono più rapida deduzione del dolo, altri in cui l’evidenza sintomatica è molto più debole. per i primi e per i secondi però il meccanismo di accertamento del dolo è immutato: bisognerà sempre raggiungere la prova del dolo, anche se questa risulta semplificata. Quindi sempre l’imputato avrà la necessità pratica di allegare e provare egli stesso, nel processo, il dato da cui dedursi la mancanza della volizione del fatto materialmente posto in essere.

Stante il carattere normalmente dannoso di un comportamento fornito del requisito formale della rispondenza alle note descrittive di una fattispecie criminosa, l’esperienza dice che chi realizza un comportamento del genere avrà avuto di regola consapevolezza di ledere un interesse altrui: per ciò se si profila un elemento da cui si deduca l’assenza di questa componente dolosa, si prenderà in considerazione la possibilità di una deviazione rispetto al risultato cui condurrebbe l’applicazione della massima d’esperienza.

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