Dato che il dolo è rappresentazione e volontà del fatto materiale tipico, per aversi colpa occorre innanzitutto che l’agente non abbia voluto, né intenzionalmente né per accettazione, tale fatto. Ciò che differenzia il dolo dalla colpa, quindi, è che nel dolo occorre la volontà, mentre nella colpa la non-volontà del fatto materiale tipico. Per configurare la colpa, pertanto, è sufficiente la mancanza della coscienza o della volontà di almeno uno degli elementi positivi, oppure l’erroneo convincimento dell’esistenza di un elemento negativo.

Detto questo, appare priva di senso la distinzione tra (1) colpa propria, ove l’evento non è voluto, e (2) colpa impropria, ove l’evento è voluto e l’agente risponde di reato colposo, perché trattasi pur sempre di colpa. In particolare, comunque, darebbero luogo alla colpa impropria tre casi:

  • l’eccesso colposo nella causa di giustificazione (art. 55) (es. risponde di omicidio colposo chi uccide col fucile l’aggressore, che, con maggiore ponderazione, poteva neutralizzare col bastone).
  • la supposizione colposa di una causa di giustificazione inesistente (art. 59 co. 4) (es. risponde di omicidio colposo chi, credendosi erroneamente aggredito, uccide il presunto aggressore).
  • l’errore sul fatto determinato da colpa (art. 47).

L’inquadramento dogmatico di questi casi nella colpa è possibile solo sostituendo la tradizionale nozione di colpa (non volontà dell’evento) con quella, esaustiva, di non volontà del fatto materiale tipico. La colpa, quindi, è configurabile sia quando l’evento non è voluto (art. 43 co. 1), sia quando è voluto, ma l’agente non si è rappresentato un qualsiasi elemento positivo o negativo del fatto (artt. 47, 55 e 59).

Sulla base delle premesse sopraesposte, del tutto legittima appare, al contrario, la distinzione tra:

  • colpa incosciente, che si ha quando l’evento non è voluto e nemmeno previsto dall’agente. Essa rappresenta la forma ordinaria è più frequente di colpa.
  • colpa cosciente, che si ha quando l’evento, pur non essendo voluto, viene tuttavia previsto dall’agente come conseguenza concretamente possibile dell’inosservanza della regola cautelare.

Come nel dolo eventuale, anche nella colpa cosciente il soggetto si rappresenta la possibilità del verificarsi dell’evento, ma mentre nel primo caso egli permane nella convinzione o anche soltanto nel dubbio che l’evento possa verificarsi (accettazione del rischio), nella secondo ha il preciso convincimento che esso non si verificherà. La differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente, quindi, risiede nell’accettazione o meno del rischio.

Dolo e colpa, comunque, possono differenziarsi già rispetto alla condotta, che nel dolo deve essere effettivamente voluta, mentre nella colpa occorre distinguere tra:

  • i reati colposi di evento, rispetto ai quali è sufficiente che non sia voluto l’evento, mentre la condotta può essere sia cosciente e volontaria così come incosciente e involontaria, pur se impedibile (es. il guidatore che supera volontariamente i limiti di velocità senza volere l’avvenuto investimento).
  • i reati colposi di pura condotta, rispetto ai quali la condotta deve essere incosciente e involontaria, pur se impedibile con uno sforzo di volontà (es. il datore di lavoro che dimentica il predisporre le difese prescritte contro gli infortuni).
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