Le scienze criminali permanentemente oscillano tra gli opposti poli della responsabilità e della irresponsabilità umana, e ciò come naturale riflesso del perenne problema dell’indeterminismo e del determinismo, che non ammette una verifica definitiva, essendo profondamente radicato nell’antinomia tra le categorie della libertà e della necessità

A prescindere dai vari ridimensionamenti, comunque, l’idea della responsabilità individuale e della libertà morale ha sempre retto a tutti gli attacchi.

Nel momento della commissione del fatto, un soggetto perché sia imputabile deve avere (art. 85):

  • la capacità di intendere, ossia l’attitudine del soggetto non solo a conoscere la realtà esterna, ma anche a rendersi conto del valore sociale, positivo o negativo, di tali accadimenti e degli altri che egli compie.
  • la capacità di volere, ossia l’attitudine del soggetto ad autodeterminarsi in modo autonomo tra i motivi antagonistici coscienti in vista di uno scopo.

Tra le varie funzioni della psiche, l’art. 85 considera soltanto le due che investono più direttamente il comportamento umano, sebbene per moderna psicologia la dicotomia legislativa tra capacità di intendere e capacità di volere mal si concili con l’unità sostanziale della psiche. Per il codice civile, comunque, rilevano soltanto le alterazioni della capacità di intendere e di volere dovute a situazioni psicologiche. Per certi indirizzi psicologici o psichiatrici la distinzione tra soggetti imputabili e soggetti non imputabili non sarebbe accettabile, perché non esisterebbe alcun preciso confine tra normalità e anormalità psichica, ma soltanto una serie di passaggi senza soluzione di continuità. Le inderogabili esigenze pratiche, tuttavia, portano i codici penali a dover necessariamente distinguere tra soggetti imputabili e soggetti non imputabili, potendosi al più concedere a tale impostazione scientifica la graduazione intermedia dei semimputabili.

All’interno della categoria degli imputabili-responsabili, tuttavia, l’esigenza della giustizia del caso concreto impone di graduare la capacità di intendere e di volere e la responsabilità morale del singolo soggetto in rapporto al riflettersi della sua concreta individualità sul reato compiuto. Tale esigenza, in particolare, trova il proprio fondamento costituzionale nel principio della responsabilità personale (art. 27 co 1 Cost.), che fa riferimento ad una responsabilità individualizzata.

La richiesta esistenza dell’imputabilità al momento del fatto sta a significare che essa deve esistere:

  • con riferimento al singolo fatto concreto, posto in essere dal soggetto, essendo possibile un’imputabilità settoriale rispetto ad un fatto e non rispetto ad un altro.
  • al tempo della condotta, essendo questo il momento in cui il soggetto, ponendosi contro il diritto, deve essere in grado di comprendere il disvalore del proprio comportamento e di autodeterminarsi.

Dal combinato disposto degli artt. 85 e 88 ss., inoltre, si desume che:

  • l’imputabilità viene presunta, in quanto il sistema penale si incentra sul postulato logico dell’uomo normalmente capace di libere scelte.
  • l’imputabilità è esclusa (o diminuita) soltanto in presenza di determinate cause.
  • il giudice deve accertare non, positivamente, l’esistenza della capacità di intendere e di volere, ma, negativamente, l’assenza o il dubbio dell’esistenza di essa per effetto di dette cause.
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